La strada è impervia e pietrosa, ma l’andatura forzatamente lenta permette di osservare il paesaggio con maggior attenzione. Sotto i nostri occhi il fiume Alento scorre tranquillo, indifferente agli affanni della quotidianità cittadina che da qui sembra distare molto di più di quei sessantacinque chilometri che ci separano da Salerno.
La contrada di Cicerale domina le zone interne del Cilento. Quelle dove tutt’oggi si esprime un’agricoltura che ha fatto dei prodotti biologici e dell’eccellenza assoluta le sue bandiere. Il nome del paese, d’altra parte, parla chiaro: Cicerale è patria di ceci, legume che qui trova una delle sue massime espressioni organolettiche. Dal colore scuro, più piccolo di altri cloni della stessa famiglia, basso tasso di umidità alla raccolta e grande mineralità, questo cece è davvero uno dei sovrani della Dieta Mediterranea.
«Un alleato prezioso per la nostra salute, oltre che per il gusto. La sua naturale sapidità, infatti, permette di cucinarlo senza ricorrere all’utilizzo di sale aggiuntivo». A spiegarcelo, sotto un immenso patio circondato dal profilo del monte San Leo e dalle erbe spontanee, è Giovanna Voria.
Raramente capita di incontrare una persona che, da sola, può essere considerata come piena espressione di tutto un territorio. La chef Giovanna è una di queste. Ambasciatrice della Dieta Mediterranea nel mondo, Giovanna ci accoglie nel suo agriturismo di località Corbella, a pochi chilometri dal centro del paese. Una (piacevole) raccomandazione su tutte: scordatevi internet, telefoni e Wi-Fi. L’ansia dell’essere perennemente connessi al mondo è impedita dalla mancanza di ogni segnale elettromagnetico. Qui si corre solo al ritmo della Natura e dei suoi tempi.
Giovanna è impegnata in una Cooking Class con alcune ospiti provenienti dalla Russia. Segno che il suo “marchio” cilentano è arrivato davvero ovunque. Il piatto di oggi è quello tipico di queste zone: lagane e ceci. «Le lagane le impastiamo con acqua, farina che non è quella raffinata di tipo doppio zero, e con l’aggiunta di altra farina di ceci».
La sua cucina è un viaggio nel tempo, che si cristallizza nei suoi racconti: «La lagana è una sorta di pappardella tagliata a mano in modo molto più grossolano. Non a caso i bordi non sono mai dritti, ma frastagliati. Già nell’antica Grecia erano molto conosciute: venivano preparate sotto forma di disco di pasta, impastato con acqua e farina e poi cotto su una pietra rovente. In seguito veniva poi tagliato a strisce, come stiamo facendo noi».
La ricetta che Giovanna Voria propone alle sue ospiti è quella antichissima di Cicerale, «di consistenza più brodosa rispetto alle zuppe più addensate che siamo abituati a mangiare oggi», precisa. Il cece è lasciato in ammollo dalla sera prima, per poi essere lessato sul fuoco con sedano, cipolla e alloro. Per ottenere la consistenza più brodosa da minestra, si rosolano a parte, in una padella, olio, aglio e peperoncino, che si verseranno poi all’interno della pentola con i ceci a fine cottura.
Questo piatto racconta, più di ogni parola che possa essere spesa, la storia di un luogo, di un popolo e di una persona che ha deciso di non dimenticarla. Cesto alla mano e tenacia da vendere, Giovanna arriva all’agriturismo di Corbella di primissimo mattino, quando la raccolta dei ceci comincia a entrare nel vivo. La memoria delle colture, dei riti familiari e popolari che si consumano intorno, di un semplice gesto, vive tutt’oggi in quest’angolo di terra che sembra lontano da ogni cosa definisca la nostra quotidianità.
«La mia è una scelta che qualcuno definirebbe “forte”, considerato anche il fatto che arrivare qui non è effettivamente semplicissimo – dice Giovanna – Qui però non è che si cucina e basta. Qui mi impegno a far capire a tutti cosa significhi appartenere a un territorio, a una comunità di persone, con le sue tradizioni e la sua storia. Pasta, legumi, frutta, erbe spontanee, pollo allevato a terra: non ho mai servito prodotti industriali e mai lo farò. Il Cilento offre tanti di quegli ‘spunti’ che sarebbe persino stupido pensarlo».