Roma è costellata di fontane monumentali e famosissime, a cui si affidano i desideri e una moneta, fontane che nascondono storie affascinanti, come quella che vede protagonisti due artisti geniali da sempre contrapposti e un papa pronto a lasciare il suo segno sulla città eterna.
Sembrano gli elementi per una serie TV, e invece è la storia della Fontana dei Fiumi. Il papa è Innocenzo X Pamphilj, i due artisti coinvolti, da sempre rivali, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. Pamphilj voleva una maestosa fontana al centro di Piazza Navona, dinanzi al palazzo di famiglia a cui anche Borromini stava lavorando. E proprio a lui, in un primo momento, si pensò per la realizzazione della fontana: l’artista aveva già messo a punto un sistema per portare l’acqua dell’acquedotto noto come Acqua Vergine e aveva presentato un disegno del progetto che comprendeva il recupero di un obelisco dell’epoca di Domiziano.
Ma le cose andarono diversamente. Fu il cavalier Bernini ad avere la meglio, grazie alla sua abilità di persuasione, all’innegabile arte e al suo ascendente su personaggi vicini al papa. Lo scultore aveva convinto Innocenzo X che il suo progetto avrebbe glorificato il nome dei Pamphilj in tutto il mondo, e tutto il mondo sarebbe stato racchiuso in quella fontana.
Una colomba in bronzo, il simbolo della pace ma anche della famiglia Pamphilj, svetta nel cielo di Roma sopra l’obelisco in granito. Questo sembra essere al centro della fontana da sempre ma in realtà si trovava lungo l’Appia e ci vollero ben due mesi per trasportarlo in Piazza Navona; un enorme castello in legno, funi lunghissime e l’ingegno di Bernini servirono per issare i blocchi che lo compongono.
A sostenerlo c’è un paesaggio fatto di acqua, animali, piante e giganti che Bernini ha tradotto in marmo e travertino, con la sua indiscussa capacità di dare vita e forza alla pietra. In questa giungla nel centro di Roma i dettagli si svelano e stupiscono a poco a poco. Allora si scopre che un coccodrillo fa capolino, un cavallo sbuca all’improvviso e un leone si confonde tra i zampilli e le rocce. «Far che un marmo bianco pigli la somiglianza di una persona, che ha colore, spirito e vita» diceva l’artista che per rendere ancor più vera quella natura incaricò un pittore di dipingere le sculture della fontana, ma di quel colore purtroppo non resta traccia.
E poi ci sono i giganti con i loro corpi possenti, personificazioni di quattro fiumi, il Gange, il Rio della Plata, il Danubio e Nilo, scolpiti da quattro artisti diversi sotto la supervisione dello scultore, scenografo e architetto Bernini. Si “muovono” nello spazio, vitali e agitati. Uno in particolare alza la mano come per ripararsi: la tradizione racconta che lo faccia per difendersi dal crollo della facciata della chiesa di Sant’Agnese in Agone, progettata da Borromini. Una maldicenza, perché la facciata è successiva alla fontana, che però la dice lunga sui rapporti tra Bernini e Borromini.