Un sentiero chiamato “Valle dell’Inferno” incute qualche timore. Se poi si trova sul Vesuvio, il sospetto è ancora più fondato.
Ma nonostante il nome, la Valle dell’Inferno, con i suoi due chilometri e mezzo di discesa e pianura, è uno dei percorsi più belli del Parco Nazionale del Vesuvio. «La Valle separa l’ex vulcano Monte Somma dal suo più giovane e famoso collega e oggi è in parte invasa dalle lave dell’ultima eruzione del 1944, colonizzate dal lichene del Vesuvio, una specie endemica dai riflessi argentati» racconta Giulia, una delle guide ambientali del parco.
“Il Vesuvio, dopo i ghiacciai, è la più impressionante esibizione delle energie della natura che ho mai visto”Percy Bysshe Shelley
La vegetazione che cresce sul Vesuvio è irrequieta: cambia in base alla stagione e assume volti sempre diversi. «In autunno – rivela Giulia – i rami spogli si incontrano e si intrecciano disegnando figure diverse e i cristalli delle rocce brillano sul terreno umido. In primavera invece il paesaggio ci accoglie con il fucsia della valeriana, il giallo dei papaveri e il bianco delle robinie in fiore. D’estate è il trionfo della ginestra, con il suo giallo allegro e vitale». Esistono tre tipi di ginestre: quella dei carbonai, la odorosa e l’etnea. Nella Valle dell’Inferno fioriscono tutte, in momenti diversi, sprigionando profumi e suggestioni che danno vita alla famosa foresta di ginestre del Vesuvio.
A dispetto del nome, la Valle dell’Inferno è un luogo molto ospitale. L’appellativo demoniaco è frutto della sua storia geologica: «Si tratta di una zona dove tra il 1881 e il 1937 sono sorte molte bocche eruttive e svariate cupole laviche, che ne hanno determinato la morfologia». Non è difficile immaginare quindi che per più di 50 anni avventurarsi nella Valle doveva essere una vera e propria discesa agli inferi, tra fumi, gas, lave e terreni in attività…
Dall’ultima eruzione del 1944 il Somma-Vesuvio è un vulcano quiescente e ricco di una vegetazione talmente particolare da dare vita a un ecosistema unico. «Il materiale vulcanico ricco di minerali come il potassio – spiega Giulia – rende il suolo molto fertile e ospitale per tanti animali come volpi, lepri, vipere, biacchi, rospi smeraldini e uccelli. Ovunque si vedono le tane scavate da piccoli mammiferi».
Lungo il cammino si ammirano bellissime formazioni vulcaniche come i dicchi, i crepacci lavici e le cosiddette lave a corda. Si tratta di «particolari composizioni rocciose createsi grazie al lento scorrimento della lava sotto la superficie delle scorie, in lento raffreddamento. Il movimento lento e ripetuto della lava forma queste caratteristiche pieghe che sembrano, appunto, delle corde».
Il panorama che si apre tutt’intorno alla Valle dell’Inferno è da togliere il respiro: i Monti Lattari, Castellammare, la parte meridionale del Golfo di Napoli, l’Agro Nocerino, Sarno. Giulia ha ragione, camminando nella Valle si sente l’imponenza dei due vulcani. Le forme suggestive del Monte Somma, che viste dal basso assomigliano a delle creature mitologiche; il colore scuro dei lapilli e quello brillante della vegetazione che colora questa valle. È una escursione che coinvolge tutti i sensi, quella alla Valle dell’Inferno. Un’esperienza che non si dimentica.