Una Maruzzara senza lumache

Una Maruzzara senza lumache

A volte un nome può evocare un’assenza, più che indicare qualcosa di tangibile. I fagioli alla maruzzara, ricetta della tradizione povera campana, ne sono un esempio. Qui, infatti, le “maruzze” – vale a dire le lumache, in dialetto napoletano – non ci sono. Un po’ come le vongole “fujute” di cui parlava Eduardo De Filippo.

L’aneddoto è d’obbligo. Il grande drammaturgo napoletano, stanchissimo dopo un’esibizione serale in teatro, tornò a casa e cenò grazie ai primi ingredienti trovati: spaghetti, pomodorini, aglio, prezzemolo e peperoncino. Ebbene: il sapore del prezzemolo era così forte e intenso che a Eduardo ricordò quello di un piatto di spaghetti con le vongole. “Fujute”, appunto. Fuggite. Perché in quel piatto che le evocavano, le vongole non c’erano.

Allo stesso modo la “maruzzara” ricorda il nome delle lumache. Cibo poverissimo che veniva consumato soprattutto a bordo delle barche dai pescatori. I fagioli alla maruzzara si chiamano così perché il procedimento di cottura è identico a quello utilizzato decenni addietro proprio per le lumache: aglio, olio, sedano, pomodori e origano. E per chi vuole, un po’ di piccante.

La preparazione ce la illustra Vittorio Gleijses, giornalista e storico napoletano, che nel 1977 pubblicò il suo best-seller “A Napoli si mangia così”: «Cuocete i fagioli […] tritate il sedano e fatelo soffriggere insieme all’aglio nell’olio […] aggiungete i pomodori. Salate e pepate, e quando il pomodoro sarà cotto unite il sugo ai fagioli con parte della loro acqua a seconda che vogliate una minestra più o meno brodosa». Alla fine si aggiunge l’origano.

Ricetta perfetta per i periodi freddi passati in alto mare, calda e nutriente soprattutto se preparata a mo’ di zuppa. Tradizione vuole, infatti, che i fagioli – rigorosamente quelli bianchi, cannellini – vengano riversati all’interno di un piatto contenente pezzi di pane raffermo che, a contatto con il caldo mestolo di zuppa, diventavano teneri e gustosi (si “spognavano”, come si dice a Napoli, ricorrendo all’efficace metafora dialettale di una spugna).

Nelle versioni più recenti, i pezzetti di pane raffermo sono stati sostituiti dalla pasta: tubetti, per lo più; o anche pasta mista, la cosiddetta “pasta ammiscata” della tradizione culinaria partenopea. L’origine rimane, però, quella di un piatto unico, solido e proteico, perfetto per chi si trovava a lavorare ben prima dell’alba, in mezzo alle onde.

8

una-maruzzara-senza-lumache

    dove-dormivano-le-sirene,alla-corte-della-lontra,lo-scalone-del-re,una-maruzzara-senza-lumache,la-riserva-della-posidonia,la-solitudine-della-faggeta,la-raffinata-dimora-di-un-antico-romano,l-elisir-dei-campi-flegrei