Il profumo di terra appena bagnata si fa via via più forte non appena si lascia il centro abitato. Uno stradone provinciale, con case sempre più rade, lascia che faggeti e vigne prendano il posto del cemento.
Il Sannio è una terra della Campania fra le province di Caserta e il vicino Molise. Il massiccio montuoso del Taburno domina la valle, visibile da chilometri di distanza. Le ripide salite sterrate, puntellate da qualche buca, ci conducono nel piccolo Comune di Cautano, dove i basoli della pavimentazione disegnano il reticolo di vicoletti nel centro storico.
A poca distanza dagli antichi palazzi baronali del Settecento, la valle Vitulanese si distende tra i massici montuosi del Taburno-Camposauro. Un colpo d’occhio che abbraccia il verde del fogliame, il rosso delle vinacce e il bianco delle uve. La strada ci conduce, lungo crinali sempre più stretti, in una delle aziende vinicole del posto. Una cantina abbraccia la sua memoria già dal nome: La Masseria di Maria.
«Maria è il nome di mia madre, venuta a mancare qualche anno fa – ci dice Antonio Caporaso, che da qualche anno guida l’azienda in provincia di Benevento – Qui nel Sannio il vino è storia familiare. Non c’è cortile che non abbia la sua vigna». La vita di Antonio è intrisa di questa tradizione. Lui stesso non si limita a essere proprietario d’azienda: indossa scarpe comode e camicia a quadri su maglia di cotone. L’abbigliamento necessario per chi affonda i piedi nel terreno tutti i giorni, soprattutto in periodo di vendemmia.
Dal cortile anteriore della cantina lo sguardo viaggia lungo filari sempre più fitti. Nei giorni di settembre che precedono la raccolta, le uve sono colorate e polpose. Il viola intenso dell’Aglianico disegna il profilo della vigna da monte fino a valle. Nell’attesa che le mani del vendemmiatore lo adagino in cassetta, per poi trasferirlo in cantina. L’Aglianico, assieme alla Falanghina del Sannio e al Coda di Volpe, sono i vini d’elezione che la fertilità di queste terre sa regalare.
Poco più in là, nei pressi dei serbatoi d’affinamento, gli acini attendono pazienti di essere trasformati in mosto che sprigioni profumo d’autunno. La vendemmia nel Sannio, per dirla con le parole di Antonio, è davvero storia di famiglia. Un momento che coinvolge tutti, in una festa collettiva che corona un anno di lavori e sacrifici.
Un’evidenza che risulta tale fin da subito. Antonio ci accompagna lungo i crinali ricoperti da vigne. Guida sicuro una quattro ruote motrici, lungo sentieri che percorrere non è cosa da tutti. Nella stretta maglia delle foglie di vite vediamo spuntare berretti colorati e zaini appesi ai filari. L’equipaggiamento base di ogni artigiano della vigna, pronto a proteggersi dal sole fin dalle prime ore del mattino. A raccogliere le uve di Falanghina ci sono amici e parenti, muniti di forbici per vendemmia e abbigliamento da campagna.
I grappoli, dal giallo paglierino intenso, cadono morbidamente nelle cassette poi caricate sul trattore. Un processo più delicato di quanto sembri a prima vista. L’uva che produce vino buono è quella condotta integra in cantina. Niente acini schiacciati, questa è una prerogativa dei torchi.
Sulle colline vestite a festa, piene di vigne dal fogliame così verde da brillare con i raggi del sole che filtrano, domina il piccolo centro abitato. Il cielo terso di questo inizio d’autunno riporta sensazioni che esulano dal tempo. Dai grappoli di Falanghina passiamo a quelli di Aglianico. Il rosso prende il posto del bianco, mentre Antonio ridiscende la collina assaggiando le sue uve acino dopo acino.
Il momento della raccolta non è scontato: bisogna attendere l’attimo giusto. Prerogativa che solo il vignaiolo più esperto sa di possedere. Si sta sospesi, tra l’odore di mosto e il profumo di quella terra bagnata che connota la campagna settembrina. La vendemmia, nel Sannio, è il vero Capodanno. Segna l’inizio di un nuovo ciclo vitale, con la vigna che pian piano torna a riposo nell’attesa di regalare nuovi frutti.