Abbagliati dai riflessi sull’acqua, sedotti dal profumo del mirto e del ginepro, i viaggiatori che arrivano a capo Comino fanno fatica a vedere una minaccia nelle rocce rosse della punta.
È vero, hanno forme quasi di fantasmi, ma sotto il sole rovente non sono una presenza inquietante. Eppure la struttura quadrangolare del faro, ormai in disuso, è lì per ricordarlo ai passanti: c’è stato un tempo, all’inizio del Novecento, quando la scogliera era nemica delle navi e il mare un ambiente rischioso, da guardare con senso di rispetto. La luce intermittente avvertiva i marinai fino a quindici miglia, ché si tenessero lontani da una riva per loro inospitale.
Eppure basta allungare lo sguardo poco più a nord per indovinare dietro giunchi e tamerici una spiaggia d’eccezione, vasta e bianchissima, di sabbia fine. La cornice è talmente preziosa da essere tutelata: le dune giganti di capo Comino, difese più dall’affetto dei locali che da regole rigorose, sono lì da secoli a celebrare il lavoro del vento e a evocare immagini di deserti e carovane, a un passo appena dalla strada asfaltata e dalle sedie a sdraio del baretto.
Lontano dalle destinazioni affollate, capo Comino è un paradiso segreto, luogo di appuntamento per surfisti e pescatori subacquei, con fondali spettacolari, ma anche meta di passeggiate a nuoto e a piedi, sulla battigia interminabile o in acqua, fino all’isola Rossa, alla ricerca di patelle e scorfani, senza dimenticare una visita agli stagni di Salinedda e Salina Manna, immortalati nei film ma soprattutto nella memoria dei viaggiatori.