Numero
09

Gli affreschi del Capitolo

Gli affreschi del Capitolo Gli affreschi del Capitolo

Cosa hanno in comune Petrarca, Boccaccio e la nobiltà partenopea? Non c'è da viaggiare molto con la fantasia, basta ripercorrere i soggiorni a Napoli dei due letterati toscani.

“Assalito dal timore della morte vicina, uscii nel chiostro del monastero, ove io abito”
Francesco Petrarca

Così Petrarca in una sua lettera ricordando un tragico fatto di cui fu testimone oculare, lo tsunami che devastò la città il 25 novembre del 1343. Il monastero a cui fa riferimento è uno dei più importanti di Napoli e si trova nel cuore del centro storico. Nella chiesa di questo complesso qualche anno prima Boccaccio aveva incontrato lo sguardo della sua amata, Fiammetta. Nello stesso convento gli Eletti della città, scelti tra i nobili dei seggi napoletani, svolgevano le loro assemblee.

“Che ancor che potessero haver lochi più magnifici per far le loro celebrità, niente di meno non voglion partirsi da San Lorenzo quei del governo, né si curano delle angustie di quelle fabriche, pur che conservino l’antica grandezza di San Lorenzo”
Giulio Cesare Capaccio - “Il Forastiero”

Il luogo che li accomuna è San Lorenzo Maggiore, duecentesca fondazione francescana, attraversata dalla storia a più livelli, compreso quello sotterraneo dove si trovano le tracce della vita quotidiana ai tempi di Neapolis. Mentre la vita all’ombra del chiostro si respira in particolare in due ambienti, il refettorio, oggi sala Sisto V, e la sala capitolare.

Quest'ultima prende il nome dal “capitolo della regola” che veniva letto alla presenza dei frati riuniti in assemblea: qui si affrontavano le questioni di ordine teologico e inerenti alla gestione del convento. Per questa ragione nelle sale capitolari sono quasi sempre presenti immagini che rimandano ai grandi riferimenti spirituali dell'ordine, dal fondatore ai suoi membri più importanti, o rappresentazioni di Virtù e Vizi, un monito per i frati sulla condotta di vita da perseguire.

Nel caso di San Lorenzo i frati minori avevano davanti agli occhi un enorme albero genealogico della famiglia francescana, un affresco dei primi anni del ‘600 attribuito a Luigi Rodriguez, pittore messinese che decorò pure il vicino refettorio. Lungo le pareti ci sono i ritratti di papi, cardinali, frati e suore dell’ordine; nelle volte si affollano le grottesche, tipiche decorazioni cariche di piccole figure e vegetazione, ispirate all’antico.

Allo sguardo più attento non sfugge il dettaglio della data 1608, posta proprio sotto l’immagine dell’Immacolata, a cui i francescani sono particolarmente legati.

A dar luce a questi affreschi ci pensano due quadrifore, che ricordano i trascorsi medievali del capitolo e dell’intero convento, mentre sulla parete tra le due finestre, proprio sopra la porta, c’è un affresco che è un altro tassello della storia di questo luogo. Sulla sinistra c’è un re, con tanto di scettro e corona, al centro una grande chiesa e sulla destra due frati che fanno un cenno di ringraziamento al sovrano. È Carlo d’Angiò che assegna la chiesa di San Lorenzo ai francescani.

Qui politica e spiritualità hanno sempre convissuto: nel refettorio si tenevano le sedute del parlamento del Regno; nella stessa sala in cui gli eredi di san Francesco discutevano di religione i nobili di Napoli prendevano importanti decisioni per la città. Sotto lo sguardo vigile di papi, cardinali e santi.