Numero
08

I colori dei Monti Ruffi

I colori dei Monti Ruffi I colori dei Monti Ruffi

Neanche l’abbaiare malinconico di uno spinone alla ricerca del padrone riesce a rompere il silenzio fitto e ovattato, quasi irreale, che avvolge il sentiero che da Saracinesco porta verso il Monte Costasole, la cima più alta dei Monti Ruffi.

Siamo ad appena cinquantacinque chilometri da Roma eppure sembra di trovarsi in un altro mondo. Arroccato su uno sperone di roccia a mille metri di altezza, Saracinesco è il borgo più piccolo del Lazio, e forse anche il più tranquillo. Si racconta che sia stato fondato nel 916 quando, dopo la battaglia di San Cosimato, i Saraceni si rifugiarono sul Mons Sarracinescum e vi restarono in maniera stabile.

Dalla sua posizione privilegiata Saracinesco gode di uno spettacolo naturale tra i più belli del Lazio: la Valle dell'Aniene che compare e scompare nelle nebbia, la campagna romana e i dorsi delle montagne dei Ruffi, dove in questi giorni l'autunno sta facendo il suo lavoro, regalando alla natura sfumature di colori così intensi e così vari da far commuovere.

Il verde che sbiadisce fino a diventare giallino, ciuffi di rovi color castagna, macchie di foglie rosso vinaccia, antiche ed eleganti, che si arrampicano sulle rocce calcaree caratteristiche di queste catene montuose. Ogni colore ha un suo profumo e un suo gusto: le caldarroste cotte sul fuoco del camino, il mosto, la cannella.

Lungo il sentiero sterrato si riconoscono i buchi scavati dai cinghiali nel terreno fangoso. I cavalli invece se ne stanno liberi a ristorarsi all'abbeveratoio. Le mucche si godono un raggio di sole che filtra tra le nuvole, rilassate su un prato ancora verde. I ciclamini, con la loro caratteristica forma a ombrello capovolto, sbucano tra i cespugli con colori accesi. Qualche mora resiste ancora all'abbassarsi delle temperature e all'arrivo delle piogge. Gli immancabili corbezzoli fanno capolino tra i rovi.

Ma ottobre è il mese del prugnolo selvatico: grappoli di frutti dolci e succosi che crescono generosamente lungo tutto il cammino, facili da prendere allungando appena un po’ la mano. Quante storie magiche ci raccontano i prugnoli? Anticamente si diceva che l’intreccio dei rami fosse la raffigurazione del bene e del male: la presenza di questa pianta – si credeva – serviva a proteggere i territori e le sue popolazioni da cataclismi naturali e malattie.

Sarà stata la loro cospicua presenza a preservare questo piccolo scrigno di biodiversità che respira a pochi chilometri da Roma?