Entrando a Posada, per una volta è sul passato e non sul futuro che va fatta una scelta. Si deve guardare all’antichità, alla fondazione del paese da parte di una colonia dei Falisci, alleati degli Etruschi e discendenti, così dice la leggenda, da un compagno d'arme di Agamennone?
Se questa sarà la decisione, allora saremo tentati di tornare all'antico nome di Feronia, ispirato all'omonima dea della fertilità, protettrice delle messi, della salute e delle foreste, ma soprattutto liberatrice degli schiavi e patrona degli uomini liberi.
Con questo in mente, basta guardare la valle e il mare un po’ più in lontananza, meglio se dai resti del castello della Fava, che domina l'abitato e offre proprio un senso impagabile di ampiezza e di apertura.
La salita è d'obbligo, e il vento pulito che soffia sulla cima costringe a guardare l’orizzonte e sussurra, vincendo il gracchiare delle cornacchie, la voglia di spezzare le catene e esplorare possibilità nuove e spazi infiniti.
Ma c'è un'altra decisione possibile: è quella di guardare all’antica Feronia con il metro del nuovo nome, di chiara traccia spagnola. Qui davvero lo sguardo si volge alla culla dei monti tutt’intorno, protettori, mai minacciosi, che fa sentire la fortuna di avere una posada, ovvero un riparo per il viaggiatore. Una locanda, luce e calore che permettano la sosta.
Perché tutte e due le realtà sono facce della natura umana che la vista del mare e la voce del vento solleticano: la sfida per la conoscenza del nuovo, e allo stesso tempo l'ansia di un approdo comodo, che accoglie il riposo, e dunque sia seme di un’altra partenza, ancora, senza limiti.