Numero
22

Il piccolo moggio

Il piccolo moggio Il piccolo moggio

“Vedi Napoli e poi muori” recita la celebre citazione di Goethe sulla città. Ma qual è il punto migliore per “vedere” la città? Ognuno, che sia il turista di un giorno o un napoletano doc, ha il suo luogo del cuore per contemplare tanta bellezza, la propria cartolina stampata nella memoria. 

Da Castel dell'Ovo, da Mergellina, da Posillipo o dalla Certosa di San Martino si spalancano davanti agli occhi delle vedute che già nell'ottocento venivano riprodotte nei dipinti dei pittori della Scuola di Posillipo.

Sono immagini iconiche, di una Napoli stretta tra il mare e il Vesuvio, con il sole che bacia le facciate colorate dei palazzi storici o rende ancora più intenso il colore dorato del tufo; sono immagini dal sapore antico, sempre emozionanti al primo o all'ennesimo sguardo.

Per catturare queste vedute basta passeggiare sul lungomare o salire verso i quartieri collinari. Ma c'è anche un altro modo di vedere la città, dall'alto, attraverso percorsi un po' più impegnativi ma capaci di regalare panorami inattesi. Salite, rampe, tornanti e scorci sul mare ad una manciata di chilometri dal traffico cittadino: è la Salita del Moiariello, uno degli itinerari di trekking urbano che si possono praticare a Napoli.

Si parte dalla rumorosa Via Foria, con gli occhi puntati verso Capodimonte e senza la fretta di raggiungere la rassicurante chiazza verde del bosco, perché lungo la strada c'è un'insolita bellezza da cogliere. Vicoletti, balconi, edicole votive, voci che si confondono accompagnano la salita che si snoda tra Montagnola, Via Ottavio Morisani e il Moiariello, il cui nome trae origine da moggio, l'unità di misura utilizzata per i terreni agricoli; la parola suggerisce che qui ci fossero orti e coltivazioni, con il tempo sostituiti dalle case, ma qualcosa sopravvive tra i giardini e gli orti pensili improvvisati.

La pendenza della strada può togliere il fiato, ma anche alcuni scorci, belli perché non convenzionali. Da qui si vede la Napoli che non è bagnata dal mare, il Vesuvio non sembra così lontano, una miriade di case dai colori indistinguibili, case che sembrano minuscole rispetto ai grattacieli d'argento del centro direzionale.

È il paesaggio urbano, forse poco romantico per i vedutisti di ieri ma tremendamente vero e contemporaneo. “Per aspera ad astra” direbbero gli antichi. E in questo caso avrebbero doppiamente ragione perché il Moiariello consente di raggiungere anche l'Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Istituito nel 1812 sotto Murat e completato nel 1819 con Ferdinando I, l'edificio ospita l'osservatorio, il museo degli strumenti astronomici e una ricchissima biblioteca.

E ancora stando con il naso all'insù si scorge una torre verso Capodimonte, è la Torre di Palasciano, ottocentesca e, come tutte le torri, al centro di una storia di fantasmi. La torre è parte di una grande proprietà, situata sull'altura di Miradois, (dallo spagnolo “mira todos”) appartenuta al medico Ferdinando Palasciano, il cui fantasma la tradizione vuole aleggi ancora nella villa. E come biasimarlo, visto il panorama che si gode da qui.