La Necropoli di Tuvixeddu ci racconta molto più di quanto le sue rocce calcaree lascino trasparire. Parliamo della più grande architettura funeraria di tutto il mondo Cartaginese: segno di quanto quest’area, che corrisponde a uno dei sette colli su cui sorge Cagliari, fosse importante in epoca punica.
Questa “città dei morti” era contigua al centro abitato che oggi corrisponde al quartiere di Sant’Avendrace. Ancora oggi, dalle passerelle da cui osservare il profilo della Necropoli, si vedono le tombe a pozzetto verticali in cui venivano deposti i defunti inumati. I quali, come da tradizione cartaginese, affrontavano il loro ultimo viaggio ricoperti di preziosi gioielli pregni di simbologia orientaleggiante: collane, scarabei, pendenti in oro, argento e altri metalli preziosi.
Il nome stesso rievoca la presenza di queste tombe: Tuvixeddu deriva infatti da “Tuvu”, che vuol dire “piccolo foro”. Un sistema di tombe utilizzato dal VI al III secolo avanti Cristo, che racconta moltissimo degli usi e costumi della tradizione cartaginese sul viaggio verso l’Aldilà.
Nel corso dei secoli, oltre ai preziosi monili già ricordati, le campagne di scavo hanno portato alla luce anfore, ampolle, armi, coppe, maschere, uova di struzzo, monete, statuette. Un sincretismo simbolico che richiama quello etrusco e delle altre popolazioni pre-romane.
Accanto agli oggetti appartenuti al defunto, troviamo simbologie apotropaiche e beneauguranti, che servivano ad accompagnare la persona nel suo viaggio ultraterreno, proprio come accadeva – tanto per fare un esempio – nelle necropoli etrusche di Tarquinia e Cerveteri. Proprio come nelle tombe dell’antica Tuscia, anche in tal caso troviamo pareti decorate con motivi floreali, mitologici o geometrici. È il caso della Tomba del Sid, dove è rappresentare l’omonima divinità sardo-punica; o la Tomba dell’Ureo, che ritrae il cobra alato caro alla tradizione religiosa egizia.
Alle testimonianze d’epoca punica, si aggiungono quelle di estensione romana. La necropoli infatti fu allargata in età repubblicana e fu arricchita con altri tipi di tombe: per la cremazione, a fossa, a camera, ad arcosolio, simili a quelle delle catacombe.
Un’ennesima dimostrazione di quanto fosse importante, in termini abitativi e strategici, questo angolo del bacino del Mediterraneo. Che, purtroppo, vivrà un lungo periodo di declino durante il Medioevo. Il colle, ricco di roccia calcarea, seguì il destino di molte costruzioni d’epoca romana e pre-romana e divenne una cava da cui estrarre materiali per edificazioni pubbliche e private.
Una “tradizione” proseguita addirittura fino agli anni ’80 del ‘900, quando il colle fu ulteriormente destinato a cava per il cemento. Bisogna aspettare il Duemila quando, grazie al riconoscimento come Parco Archeologico e Naturalistico, Tuvixeddu è stata restituita al pubblico, che può così ammirarne tutte le stratificazioni. Un pezzo di storia della Sardegna che attraversa più di tre millenni, riportandoci alle nostre origini.