C’è una grotta marina i cui contorni declamano un autentico inno all’isola sarda. Se Omero ne avesse sentito parlare l’avrebbe resa una delle tappe di Ulisse. Qui, però, il mito non è stato creato dalle gesta dei naviganti, ma dalle fatiche dei minatori.
Ci troviamo a Masua, nel sud-ovest della Sardegna, meta privilegiata di chi vuole trascorrere una vacanza lontano dal turismo d’assalto. Una località dal fascino selvaggio che solo poche generazioni fa era un’area mineraria dove la salsedine si attaccava al sangue e al sudore dei cavatori di piombo intrappolati, loro malgrado, in un paradiso infernale. Oggi le miniere abbandonate raccontano la storia del posto come ruderi di un tempio.
L’insenatura è un museo naturale dove si possono visitare una serie di monumenti frastagliati a poca distanza l’uno dall’altro. Una goduria per kayaker ed amanti del sup, che scivolano dolcemente sulle onde tra grotte e faraglioni.
Di mattina il Pan di Zucchero si specchia sulle acque azzurre tingendole col bianco della sua roccia calcarea. A poche pagaiate, sotto la falesia di Punta de is Cicalas, galleggiano gli scogli di S’Agusteri e del Morto. Più avanti appare Porto Flavia, ex approdo minerario che si staglia come una fortezza nella roccia a picco sul mare. Ai suoi piedi sbuffa la Grotta del Soffione, così chiamata per i grossi spruzzi prodotti dalle onde che si insinuano nella sua cavità
In questo eden incassato tra abisso e superficie si nasconde timidamente la Grotta Azzurra. In realtà, più che una grotta, un tunnel scavato nella costa con tanto di ingresso e di uscita. Addentrandosi lentamente ci si ritrova in un ambiente irreale. La luce riflessa sul bianco del calcare penetra le trasparenze dell’acqua, creando un caleidoscopio cromatico che va dal blu cobalto fino all’azzurro accesso. Qualche pesciolino fa da pois al celeste cangiante dell’acqua.
Il silenzio è intenso, gli unici rumori sono il nostro respiro e la pagaia che accarezza il mare. Sembra di trovarsi in un santuario: ogni goccia d’acqua ha la sua sacralità, ogni centimetro di roccia ha un’accezione mistica. Tuffarsi in questa vasca limpida è come un rituale di purificazione che rigenera corpo e mente. L’umidità, però, comincia ad attaccarsi sulla pelle e allora è meglio sbucare dall’altro foro.
Ed ecco che si compie la magia! Tra le rocce della “porta d’uscita” appare la sagoma di un pezzo di Sardegna che, riflettendosi nell’acqua, ne crea un’immagine completa. Ecco perché molti la chiamano Grotta Sardegna. Non c’è trucco. La Natura ha disegnato il ritratto dell’isola come un cuore scolpito dagli amanti su un albero. Ah, se Omero avesse saputo…