Numero
25

L'oro di Vico Equense

L'oro di Vico Equense L'oro di Vico Equense

Una stradina che sale e cerca di farsi largo, fra un muretto a secco e l’entrata di una stalla. Qui, se non si è a piedi o in moto, si passa solo con l’ape car.

Un centinaio di metri di camminata e lo sguardo si allarga, improvviso: davanti al viandante, ecco apparire una grande distesa di ulivi che risalgono la collina, in fila sui terrazzamenti. Vico Equense è conosciuta e celebrata per i suoi incantevoli panorami a picco sul mare. Il cuore pulsante, però, è qui: nell’entroterra, tra le frazioni che compongono il suggestivo mosaico di questa zona dei Monti Lattari. Un cuore che parla di agricoltura e allevamenti, escursioni e buon cibo, tra le tipicità casearie come il Provolone del Monaco e l’antica tradizione della raccolta delle olive.

Ed è proprio fra gli uliveti in cui siamo immersi, pochi metri più a valle, che si trova “Il Montano”, frantoio nato nel 2004 per volontà di Aurora Coppola e Matteo De Simone, moglie e marito, che nella frazione di San Salvatore portano avanti da 14 anni la tradizione della molitura a freddo. Una struttura che osserva, sopra ogni altra cosa, poche e semplici regole: olive immesse in lavorazione già defogliate e pulite; giusto grado di maturazione, quando sono ancora un po’ acerbe; molitura entro le 24 ore dalla raccolta, per produrre olio extravergine di qualità.

A novembre il clima è ancora gradevole. Siamo nel pieno dell’estate di San Martino. Aurora prende un pezzo di pane (“Cotto nei forni a legna di Vico Equense, non quella roba industriale”, dice sorridendo), taglia alcune fette e le sistema in un piatto. Ci versa sopra dell’olio e accompagna con un pizzico di sale. «Chi viene qui sa che ragioniamo sulla qualità e non sulla quantità. Non lavoriamo per conto della grande distribuzione e non abbiamo interesse a farlo. D’altra parte operiamo una selezione a monte, per la quale sarebbe impossibile praticare grandi numeri».

Il frantoio di Aurora riflette un’idea di lavorazione e un’etica di produzione. Portare le olive già defogliate e pulite, o evitare quelle troppo mature, non è un semplice vezzo, ma una scelta che determina la qualità del prodotto che troveremo sulla nostra bruschetta. «Non è stato facile convincere i contadini della zona a evitare le olive troppo mature», racconta Aurora. A nessun coltivatore fa piacere sentirsi dire che quel frutto non va bene.

Un episodio, però, la convince che quella è la strada giusta da seguire: «Un giorno arriva qui un contadino di 90 anni, il signor Ciro, col suo carico di olive, la maggior parte delle quali troppo mature, quindi con un alto grado di acidità che avrebbe compromesso il risultato finale. Gli dissi, tranquillamente ma in modo chiaro, che quel prodotto non era buono per produrre olio. Risultato: mi mandò a quel paese. Dopo una settimana, però, tornò con un altro carico di olive. Diedi uno sguardo: erano bellissime. Grado di maturazione giusta, non schiacciate dai sacchi adoperati per il trasporto, pulite come si deve. Ecco, fu lì che mi dissi: se c’è riuscito il signor Ciro, a 90 anni, a convincersi di ciò che gli dicevo, allora è davvero possibile lavorare su un prodotto di qualità».

E come per il vino, dove quello buono nasce in vigna, anche per l’oliva la qualità nasce nell’uliveto. A partire dalla tipologia. Perché le olive non sono tutte uguali: ne esistono oltre 500 varietà – dette “cultivar” – sparse in ogni angolo d’Italia. Quella di Vico Equense è l’Ogliarola Sorrentina, detta anche Minucciola, che produce un olio «dolce, delicato, non troppo grasso – spiega Aurora – con sentori di pomodoro e carciofo, perfetto per condire il pesce e che si sposa bene anche con i piatti a base di carne».

Un lavoro, quello di Aurora, Matteo e dei loro collaboratori, che non si ferma mai. Gli impianti, durante il periodo della molitura, restano attivi 24 ore su 24, fino a che il carico non è terminato. Il periodo è quello che va da inizio ottobre a metà dicembre, con un prolungamento a gennaio quando la raccolta è stata particolarmente felice. È così che, da decenni, la produzione dell’olio extravergine di oliva si rinnova lungo i crinali delle colline vicane, a metà fra le coste del Tirreno e la sommità dei Monti Lattari. Un territorio dove la cultura agricola e gastronomica si lega, in modo inestricabile, alle tradizioni secolari. Come quella dell’olio dei Santi.

Aurora condisce un altro po’ di pane, sorride e conduce la memoria a camminare lungo i suoi ricordi da bambina. «Quando cominciava la raccolta delle olive, ogni sacerdote delle chiese qui vicino portava un contenitore d’acciaio al frantoio, dove era destinato il cosiddetto olio dei Santi. Il motivo di questo nome è semplice: prima di ogni raccolta, il contadino si raccomandava sempre ai suoi Santi protettori. Non perché la raccolta fosse particolarmente abbondante, ma per preservare la sua incolumità. Un ulivo arriva anche a sette, otto metri di altezza. Salire sul tronco per fare la raccolta a mano, all’epoca, non era la cosa più facile di questo mondo. È per questo che il contadino si raccomandava ai Santi. Per dire: fammi tornare tranquillamente a casa stasera, dopo aver fatto il mio lavoro».

Una volta al frantoio, una piccola parte dell’olio ricavato da quelle olive veniva destinato al contenitore di acciaio da riportare in chiesa. Stavolta pieno. «Per questo si chiamava olio dei Santi. Perché veniva destinato ai sacerdoti che, con quello stesso olio, potevano alimentare le lanterne votive».

Una tradizione oggi pressoché scomparsa. La lavorazione dell’olio, però, va avanti, nonostante le mille difficoltà: «Questo è un lavoro faticoso – ammette Aurora – dalla raccolta alla molitura non ci fermiamo mai. Posso dire, però, che ne vale davvero la pena. L’oliva di Vico Equense è un’eccellenza che, col nostro lavoro, vogliamo fortemente difendere».

Un piccolo momento di relax, fra il pergolato in cortile e alcune galline che razzolano lì vicino. Tutto attorno un orto, le serre per i fiori, un piccolo giardino con altalena. Il lavoro da fare è tanto, ma l’aria che si respira è quella buona di campagna, a due passi da una montagna con vista mare. Non stupisce il fatto che questo sia luogo di chiese e monasteri: in certi momenti della giornata sembra davvero di guardare da vicino il Paradiso.