Un reticolo di stradine nella parte più antica di Napoli. La Palepoli costruita dagli antichi Greci si affaccia sul mare, incorniciata dal Borgo Marinari, da Castel dell’Ovo e da via Caracciolo. Uno dei punti più conosciuti della città cela, alle sue spalle, quello che era il rione dei pescatori. La Santa Lucia dipinta, cantata e narrata in ogni sua forma tra il ‘700 e la fine dell’800.
Immaginiamo questo fitto incrociarsi di percorsi: quelli che a Napoli compongono il “teatrino dei vicoli”, come direbbe lo scrittore Giuseppe Marotta. Da uno di questi, storicamente denominato Pallonetto, si scende verso la strada principale del quartiere. Via Santa Lucia oggi sembra distinta dal resto della città, separata com’è dal corpo partenopeo che si distende oltre il grande emiciclo di piazza del Plebiscito. Eppure è da qui che Napoli prende le sue forme. Nei bancali degli ostricari, venditori di pesce fresco, che popolavano le strade; nelle urla delle mummerare, che richiamavano a gran voce l’attenzione dei passanti per vendere l’acqua zuffregna: ferrosa, frizzante, sapida, figlia delle sorgenti della zona, dette del Chiatamone.
Santa Lucia era il borgo marino per antonomasia. Quella stradina del Pallonetto lo dimostra ancora oggi. Scendendo le scale intrecciate nel tessuto urbano, e lasciandosi alle spalle lo stretto dei vicoli e la promiscuità dei vasci, lo sguardo si apre lungo l’imponenza di una costruzione che ha le sembianze di un fortilizio. Un basamento del ‘500, da cui si innalza una torretta in muratura, oggi inglobata in un edificio residenziale. «Quello lì è un faro», indica sorridendo un uomo di mezza età. Sì, perché la Santa Lucia dei pescatori, quella che fino all’800 era ritratta su tele e litografie, si affacciava direttamente sul mare.
“Santa Lucia! Tu tiene sulo ‘nu poco ‘e mare ma, cchiù luntana staje, cchiù bella pare!”
“Santa Lucia! Hai solo un po' di mare, ma più sei lontana più sembri bella!”E. A. Mario
L’acqua lambiva i contorni dell’attuale strada principale del quartiere, oggi circondata dai palazzi Liberty di inizio ‘900. È qui che gli ostricari installavano le loro bancarelle in legno; che i cozzicari, ne raccoglievano interi filari lungo il profilo degli scogli; che gli ambulanti, con i loro carretti muniti di ruote, vendevano brodo di polpo, pescato del giorno o quell’acqua zuffregna del Chiatamone. Poco distante, sopra e sotto il pelo dell’acqua di mare, rastrellari e sommozzatori si dedicavano alla pesca: i primi dai loro gozzi; i secondi in apnea, con attrezzatura da palombaro.
Passeggiare lungo il borgo Santa Lucia nell’Ottocento significava questo: immergersi in un rione vivace, tra gli occhi e le voci di chi si affacciava ai balconi o discendeva lungo le scalette che ne accedono al ventre. La storia di Napoli che si stratifica nelle evoluzioni, spesso radicali, che il quartiere ha subito. La stessa via Santa Lucia fu voluta, nel ‘600, dal vicerè Pedro di Toledo al posto di quella che prima era una spiaggia; il Risanamento Ottocentesco ha poi modificato definitivamente l’assetto del quartiere, con la colata di terra e cemento che ha fatto arretrare la linea di costa, fino a rendere Santa Lucia un borgo “chiuso”, senza affaccio sul mare.
Un borgo in cui oggi è affascinante perdersi per ricercare i simboli e le tracce di quel passato che riemerge. Nei resti di un faro, nel profilo di una chiesa, nella forma arcuata di alcune finestre che si aprono sulle facciate degli edifici popolari, antiche case di pescatori. Santa Lucia tiene sopita la sua anima, ma non la rinnega. Il suo rapporto col mare, seppur negato dalle trasformazioni urbanistiche dell’800, rimane simbiotico. Non a caso è qui, fra le mura di Santa Maria della Catena, che è sepolto Francesco Caracciolo, ammiraglio napoletano di cui lo storico Pietro Colletta ricorda la “magnifica navigazione”.
Napoli nasce qui, si trasforma, si adatta ai secoli e alle dominazioni che l’hanno attraversata. Santa Lucia, in questo senso, è un simbolo perfetto della città da cui sembra quasi staccata. Da un lato, nel magma dei vicoli, si espande caotica e compressa la Napoli popolare; dall’altro, aperta verso il largo, la Napoli dei grandi alberghi, dei moli turistici, di Castel dell’Ovo e del Borgo Marinari che guarda a Capo Posillipo a Ovest e al Vesuvio ad Est. Un abbraccio che riporta la città alle sue origini, svelandone l’essenza nelle sue tipicità e contraddizioni. Lungo queste vie, aguzzando lo sguardo, il camminatore più attento troverà i segni di un borgo dal fascino discreto.