Percorrendo la statale sorrentina verso Vico Equense, si intravede una chiesa rossa seminascosta dagli alberi abbarbicata su una collina. È Santa Maria a Chieia, situata vicino all’importante convento di San Francesco.
La chiesa si trova a San Salvatore, uno dei 13 borghi “alti” di Vico Equense. «Il suo campanile, che si apre a un favoloso panorama, nei primi del ‘900 è stato utilizzato addirittura come faro», ci racconta Luca Coppola, guida escursionistica locale e fine conoscitore della vasta area vicana. È da qui che parte uno dei sentieri più antichi dell’intera Penisola Sorrentina.
Oggi lo chiamiamo Sentiero della Sperlonga, ma in realtà era un tratto dell’ultramillenaria via che portava all’estrema punta della Penisola, per la precisione a Punta Campanella, in passato Capo Atheneo, dove i Greci edificarono un tempio dedicato alla dea Atena, ribattezzato a Minerva dai Romani.
Il nome Sperlonga deriva dal latino Spelunga (spelonca). La natura ha, infatti, scavato diverse cavità usate in passato dai pastori come ricovero per gli animali. «Ancora oggi ci sono diversi locali che continuano ad utilizzarle – ci racconta Luca – Queste grotte sono effetto del carsismo, un’attività in cui l’acqua piovana altera chimicamente i rilievi calcarei e ne erode numerose porzioni, creando un paesaggio ricco di forme particolari». Un fenomeno che ha disegnato anche una terrificante maschera sulla parete rocciosa che sorveglia il sentiero.
La Sperlonga è un lungo e sinuoso corridoio affacciato sul mare in cui si respirano i profumi della macchia mediterranea: ulivi, rosmarino, ginepro, mirto, orchidee selvatiche e piante endemiche come la Santolina Neapolitana.
Questa mulattiera era l’unica via di collegamento tra la romana Stabiae e la Penisola Sorrentina. Da qui, infatti, è possibile vedere ad est la città di Castellamare di Stabia e ad ovest il cuore di Vico Equense con il tratto iniziale della Costiera dietro la quale fa capolino l’isola di Capri.
Alla terrazza naturale si alterna un “sentiero agricolo” interno che costeggia orti e case coloniche. Qui i passanti non sono gli escursionisti come accade nei trekking più battuti, ma i contadini e i tagliatori di legna.
Lungo il tragitto ci rinfreschiamo con dell’acqua sorgiva proprio come facevano secoli prima pellegrini e viandanti. Notizie storiche fanno risalire il suo utilizzo al 1500, quando venivano alimentati i mulini per le macine. «Interi villaggi vicini – rivela Luca – utilizzavano la sorgente della Sperlonga per il sostentamento di famiglie e animali. Le vecchie portatrici di acqua ricordano bene le lunghe file per riempire le anfore portate a spalla. Solo i più fortunati si servivano dei muli». Bisogna aspettare gli anni ‘50 prima che il sistema idrico arrivi nelle case di questi contadini.
Non ci sono reperti storici che descrivono il tempo vissuto sul sentiero, se non abbeveratoi e una gabella, struttura in cui veniva pagato il dazio su merci come olio, vino, formaggi e altri prodotti della terra. Tutte eccellenze di cui la Penisola Sorrentina va ancora fiera. La natura è la sola testimone delle numerose anime che nei secoli hanno percorso questa strada. Perfino il Vesuvio, che troneggia frontalmente, è più giovane della Sperlonga.
Qui il tempo è scandito dal volo del falco pellegrino che nidifica lungo le falesie di roccia calcarea, dal groviglio di olive succose che appesantiscono i rami degli ulivi selvatici, dalle onde perenni di un mare silente e da un’intensa vita rurale nel pieno rispetto dei ritmi della natura.