Nel ventre di Buggerru

Nel ventre di Buggerru

A vedere queste falesie a picco sul mare, verso l'orizzonte che dà su Capo Pecora, sembra strano pensare che qui si sia consumato un tragico eccidio. 

Era il 1904 quando le gallerie della miniera di Pranu Sartu, nel piccolo comune di Buggerru, diventarono teatro del primo sciopero della storia industriale italiana. Tre operai morti e undici feriti dopo che i minatori si ribellarono alle condizioni di lavoro massacranti imposte dalla compagnia proprietaria francese: niente turni di riposo, i salari più bassi d’Europa, sfruttamento del lavoro minorile, addirittura l'obbligo, per i minatori, di pagarsi da soli le attrezzature per il lavoro.

Ancora oggi, la Galleria Henry – il traforo principale del reticolo di cunicoli che si apre nel ventre di Pranu Sartu – è qui a testimoniare questa pagina di Storia. Una miniera dove si estraeva principalmente il calcare ceroide, meglio noto come metallifero, nel cuore del Sud-Ovest della Sardegna. Zona ricca di impianti minerari (basti pensare alla vicina Porto Flavia) proprio perché antichissima, circondata da rocce millenarie e da una grande varietà di minerali, come lo zinco e lo scisto.

“Ce ne impipiamo di Pellico, di Gioberti, di Cavour, ai nostri figli insegniamo altri eroi: Felice Lìttera, assassinato a Buggerru; Salvatore Montixi, assassinato a Buggerru; Giustino Pittau, assassinato a Buggerru”
Da “Lezioni di Storia” di Manlio Massole

Ad accompagnarci c’è Stefano Cappai, guida escursionistica e ambientale, che della Galleria Henry conosce ogni angolo. Si sale a bordo di un piccolo treno a batterie – discendente ideale delle vecchie locomotive a vapore che solcavano questi stessi binari – e ci si immerge nel labirinto della miniera. Dopo pochi minuti, al buio dei cunicoli si alterna una visuale cui si stenta a credere, a 50 metri sul livello del mare. Sotto di noi, le onde si frantumano sulle scogliere dove sorge la galleria.

Un piazzale accoglie la manovra del trenino, mentre i visitatori – quasi increduli – osservano il profilo della costa in lontananza, accarezzata dal colore turchese del mare. Alle nostre spalle, sulla sommità del Pranu Sartu, sorgono ancora i ruderi di un antico villaggio, abitato dai minatori fin da metà Ottocento.

«La Galleria Henry è un parco naturale a tutti gli effetti – ci dice Stefano, mentre ci immergiamo nuovamente tra i cunicoli – Qui sopra, ad esempio, si stanno formando delle piccole stalattiti, di cui riusciamo a seguire la crescita di anno in anno. La Galleria non è quindi un ambiente morto, ma è in continua evoluzione».

Storia e Natura si fondono in un intreccio intimo e complesso. Ai colori scintillanti dei minerali, illuminati dalla torcia di Stefano, fanno da contrappunto gli antichi percorsi del materiale. I vagoni del treno a vapore portavano i minerali grezzi dai cantieri sotterranei alle laverie, per poi proseguire verso il porticciolo e imbarcarsi sui battelli. Prima ancora del treno, i cunicoli che oggi attraversiamo a piedi erano percorsi da muli da soma, fino a profondità quasi inimmaginabili. In tutto, il sistema dei tunnel – collegati tramite pozzo – si estende per circa sei chilometri.

Oggi, la cittadina di Buggerru, grazie a queste imponenti opere di archeologia industriale, fa parte del Parco Geominerario della Sardegna, riconosciuto come bene dell'Umanità da parte dell’Unesco. Un viaggio nel tempo e nella bellezza, sospesi fra storie tragiche di sfruttamento e pagine di riscatto sociale, incorniciati da un sito naturalistico che davvero si può considerare unico al mondo.

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