Non c’è luogo della Penisola Sorrentina che non rievochi la leggenda delle Sirene. Ma forse è questo bellissimo percorso ribattezzato Sirenuse, che attraverso stradine di campagna e sentieri sterrati collega Torca a Colli di Fontanelle, dove più che altrove si può rivivere la magia di quel racconto.
Camminando tra i colori gioiosi del mirto, del cisto, del garofano selvatico, dei convolvoli bianchi e rosa, tra i profumi freschi della macchia mediterranea spontanea, i tre isolotti dell’arcipelago de Li Galli compaiono all'orizzonte come dipinti su una tela azzurra. Il Gallo Lungo, la Rotonda o Isola dei Briganti e Castelluccia, da qui li si può toccare con le mani, vicinissimi come sono, a meno di tre chilometri.
Siamo nella terra delle Sirene, creature metà uccello e metà donna, dotate di questo aspetto probabilmente per volere di Afrodite, che punì la loro decisione di non sposarsi per preservare purezza e verginità. Ma che suono aveva il loro tanto celebrato canto? Continuo e incessante, simile al frinire delle cicale, tramanda la leggenda. Appoggiati a una delle rocce calcaree che affiorano dalla gariga, noi possiamo provare a immaginarlo. Basta chiudere gli occhi, respirare a polmoni pieni come se si fosse un tutt’uno con la natura circostante, abbandonarsi alla melodia delle cicale e il canto ammaliatore che tentò Ulisse e i suoi compagni di avventura sembrerà di udirlo.
«Δεῦρ᾽ ἄγ᾽ ἰών, πολύαιν᾽ Ὀδυσεῦ, μέγα κῦδος Ἀχαιῶν, νῆα κατάστησον, ἵνα νωιτέρην ὄπ ἀκούσῃς»
«Qui, presto, vieni, o glorioso Odisseo, grande vanto degli Achei, ferma la nave, perché di noi due possa udire la voce»Omero - Odissea XII
Era dolce, ma era un canto di morte. Chiunque lo avesse ascoltato – profetizzò la Maga Circe – non avrebbe più fatto ritorno a casa. Ma Ulisse non poteva tradire l’attesa di Penelope e così affrontò l’ennesimo ostacolo della navigazione con astuzia: tappò le orecchie del suo equipaggio con la cera d’api e si fece legare all’albero della vela, in modo da poter godere di quella delizia canora senza restarne sacrificato. Le Sirene non poterono sopravvivere a un affronto del genere, così si gettarono in mare per la rabbia e si tramutarono in scogli. E la leggenda vuole che quel suicidio mitologico sia avvenuto proprio nelle acque davanti a Li Galli, nutrendo così l’immaginazione dei posteri. Da ciò deriverebbe anche l'antico nome dei Galli: "Sirenoussai", ovvero isola delle Sirene.
Si cammina così lungo questo sentiero: ricordando Omero, odorando l’intenso profumo dell’aglio selvatico, finché si raggiunge il punto più alto della passeggiata, il Pizzitiello, a quota 489 metri, per restare senza parole. Li Galli, Vetara, Isca, il monte San Costanzo, i Faraglioni, la falesia di Punta Sant’Elia e quando il tempo è generoso, persino Punta Licosa. La bellezza che si osserva da questo punto ha in sé qualcosa di sacro. Induce al silenzio, alla riflessione, richiede tempo, rigenera profondamente nello spirito. Non è semplicemente un paesaggio da ammirare, è una esperienza da vivere e sentire.
Un qualsiasi escursionista, già sazio, tornerebbe a casa soddisfatto, ma le sorprese nella Terra delle Sirene non finiscono mai. Lasciato il Pizzitiello e la macchia mediterranea alle proprie spalle, dopo pochi metri davanti ai propri occhi si aprono il Vesuvio e tutto il Golfo di Napoli, ispiratori di nuovi racconti mitologici dedicati, stavolta, alla Sirena Partenope. Si può salutare così il percorso, addentrandosi in un boschetto ombroso di castagni, fino a Colli di Fontanelle.