Sossio è un nome poco comune, in Italia. Il Santo che lo portava era originario di Miseno, l’ultima propaggine dei Campi Flegrei che guarda alle isole di Procida e Ischia. Il suo destino fu quello del martire, assieme al più famoso Gennaro: decapitato presso il vulcano della Solfatara, all’epoca dell’imperatore Diocleziano.
Un’antica chiesetta, posta nei pressi di una delle spiaggette più affascinanti di Miseno, ne testimonia ancora oggi il culto. Da qui si apre un panorama che sembra fatto di atolli: di fronte, lo scoglio di Punta Pennata con l’insenatura dello Schiacchetiello; ancora oltre, il profilo del Rione Terra di Pozzuoli, storico quartiere oggi rinato dopo anni di riqualificazione; sulla destra, i fianchi di Nisida e del Parco Virgiliano di Napoli, abbracciati dal profilo del Vesuvio. Nelle giornate più terse si arriva con gli occhi fino ai Monti Lattari e alla Penisola Sorrentina.
Delizia dei nostri giorni, il mare sapeva però essere anche fonte di pericolo per chi viveva queste zone incantate prima dell’anno Mille. Le incursioni dei pirati saraceni divennero pratica frequente, tanto che la popolazione di Miseno decise di emigrare verso l’entroterra campano, in quella Campania Felix che oggi corrisponde alla zona di Frattamaggiore, sull’antica via Atellana. Siamo nell’845 dopo Cristo, ed è così che nasce il “gemellaggio” tra la costa e il cuore agricolo della regione; tra chi nasceva con l’acqua salata nelle vene e chi proveniva da famiglie di boscaioli e contadini.
Le stradine che si inerpicano lungo l’isolotto di Miseno sono, oggi, tranquille e silenziose. Per raggiungere il porticciolo di San Sossio e la vicina chiesa, si percorre una strada stretta e letteralmente circondata dal mare. Siamo su una lingua di terra che si estende verso il largo, come se i Campi Flegrei volessero allungare il loro profilo adagiandosi nel bel mezzo delle onde. Per molti suoi abitanti Miseno è un’isola, solo accidentalmente collegata alla terraferma.
In questa frazione del paese di Bacoli, infatti, gli abitanti hanno un rapporto strettissimo col mare e con la pesca, anche più di altre zone dei Campi Flegrei. Miseno, che prende il nome dallo sventurato compagno di viaggio di Enea che secondo l’Eneide qui annegò, è una perfetta fotografia delle terre del Mito. Il mare, denso di storie e racconti; il tufo giallo, di cui i costoloni a picco sulle acque sono impregnati; gli scorci e le insenature come il porticciolo di San Sossio, che raccontano di tradizioni e leggende ormai millenarie.
Un luogo fuori dal tempo e sospeso nello spazio, capace di affascinare prima ancora di conoscerne tutti i volti e gli aspetti.
Da questo luogo che guarda il mare in ogni suo lato si aprono, come barche che prendono il largo, la Storia e le storie di cui la Campania è ricca. Così come il tufo giallo si stratifica e si sedimenta lungo la costa, le leggende e il mito – dagli antichi romani ai giorni nostri – si impregnano in questa terra che da millenni viene accarezzata dalle acque.