Numero
25

Un universo incontaminato

Un universo incontaminato Un universo incontaminato

Le scuse possono essere tante, dalla sabbia bianca di Cala Ginepro allo spettacolo della spiaggia più vasta. Magari può essere l'attrazione dei surf a noleggio, o la partita di beach volley, o l'ombra ospitale della pineta, fra le dune, dove è sempre un piacere passeggiare.

Una cosa è certa: non si può non trovare il tempo di affacciarsi sulle rive di Sa Curcurica, se si va in quella parte della Sardegna settentrionale affacciata sul Tirreno. Non è la forma di zucca – come racconta il nome – a rendere unico questo stagno. È la sua presenza discreta, dietro i percorsi più comuni, con gli sbarramenti della vecchia peschiera ancora evidenti e gli uccelli a fare la guardia.

Le eterne polemiche sulla gestione dei beni collettivi parlano di riserva, ma forse no, di divieti di pesca, ma forse no, di accesso limitato, ma forse no. Sta di fatto che nessuno può impedire ai viaggiatori di affacciarsi sulla distesa d'acqua, a respirare tranquillità e odore di alghe. La grande spiaggia è a poche decine di metri, ma potrebbe essere in un altro pianeta: sullo stagno il sole picchia da sempre, e sembra quasi imporre un silenzio antico anche ai vacanzieri.

A far la guardia ci sono uccelli stanziali e migratori: cormorani soprattutto, aironi, garzette, e ogni tanto si vedono anche cavalieri d'Italia e piccoli gruppi di fenicotteri. Gli stormi numerosi preferiscono distese d'acqua più ampie, a nord, sulla strada per Olbia, oppure a Cagliari e nell’oristanese. Qui i gruccioni inseguono le api volando fra i cespugli, e ogni tanto anche d'estate, nonostante il movimento, si affaccia l'ombra di un rapace in cerca di piccole prede.

Per dire la verità, poi, Sa Curcurica è collegata al mare da un canale ampio e pieno di corrente, quindi il ricambio dell'acqua è continuo. La conferma è nella trasparenza insolita, che nelle giuste condizioni di luce permette di intravedere piccole orate e branchi di giovani muggini, vicini alle rive alla ricerca di cibo. Per questo chiamarlo “stagno” alla fine sembra quasi insultante. È un piccolo universo autonomo, che aspetta appena dietro le fronde dei ginepri.