L’escursione verso Pizzo San Michele incomincia molto prima di imboccare il sentiero. Inizia a Calvanico, un piccolo paese di 1400 persone in provincia di Salerno, dove la presenza della montagna si sente forte già negli odori e nei colori.
Prosegue lungo il tratto di strada che arriva fino all’Acqua Carpegna: una salita asfaltata ma leggermente dissestata, ombreggiata da folti uliveti e dai rami ribelli dei faggi. Il silenzio è talmente fitto che non filtrano nemmeno i rumori degli animali. L’aria passo dopo passo diventa più pungente, i faggi lasciano il posto alla boscaglia spontanea e si intravedono i primi scorci di un panorama senza confini.
I più allenati salgono a piedi da Calvanico, per vivere un’esperienza di montagna faticosa ma profondamente appagante. Altrimenti ci si mette in marcia dalla zona Acqua Carpegna, a 1120 metri, per raggiungere lentamente quota 1567 metri, dove svetta il santuario di San Michele più alto d’Italia.
Tutto ispira lentezza, lungo questo sentiero. Il silenzio assoluto, il verde fitto dei faggi, i piccolissimi cespugli di garofani selvatici che colorano i bordi della passeggiata, il sole che filtra timidamente tra le criniere di foglie, i lamponi che crescono solitari, le rocce calcaree che affiorano dalla terra per concedere un po’ di riposo agli escursionisti. Pochi indizi disseminati qua e là sul terreno tradiscono la presenza delle volpi, giusto per ricordarci che siamo ospiti di un meraviglioso bosco selvaggio che attraversa la montagna.
Quello per San Michele è un antico pellegrinaggio che ancora oggi rivive una volta all’anno, a maggio. Calvanico festeggia il suo Santo Protettore con due giorni di celebrazioni durante i quali la statua di San Michele viene portata fin sulla cima del monte, in compagnia dei fedeli provenienti dalla Valle dell’Irno e da tutte le zone circostanti. La salita è faticosa, soprattutto nei tratti più esposti al sole, ma la vetta ripaga di ogni sforzo.
Il primo respiro in cima spazza via la stanchezza e ricarica grazie all’energia che questo posto infonde. Non è solo il misticismo tipico di un luogo di culto, ma è anche l’immensità, la bellezza superba di un paesaggio che non ha confini. Il Terminio, il Cervialto, il Monte Mai, il Partenio, il Vesuvio, il Monte Somma, tutto il Golfo di Salerno, il Golfo di Napoli, Mercato San Severino, Avellino, i Monti Lattari, gli Alburni: non c’è nulla che non possa vedersi da Pizzo San Michele, soprattutto all’alba e al tramonto, quando la foschia si dirada e tutto appare più limpido.
Il santuario è una chiesetta dal sapore di campagna. Secondo alcune leggende la prima cappella sulla cima del monte risalirebbe al XV secolo, ma le testimonianze pervenute invece la collocano nel XVII secolo. La cappella che oggi si affaccia su uno dei panorami più belli della Campania risale al 1949, mentre la statua di marmo che custodisce, dedicata a San Michele, risale al 1614.
La tradizione racconta che chiunque arrivi in cima debba girare tre volte intorno al santuario per onorare l’Arcangelo Michele. La chiesa è quasi sempre chiusa, tranne che nelle occasioni ufficiali, mentre il rifugio accanto è aperto per tutti gli escursionisti e i pellegrini che decidono di fermarsi anche solo per qualche ora. E non sono pochi. Che si raggiunga il Pizzo in estate o in autunno, non è difficile imbattersi in gruppi di avventurieri intenti a bruciare legna nel camino del rifugio, per riscaldarsi o per preparare una grigliata.