La vera natura di villa Ada potrebbe essere quella suggerita dalla fantasia di Niccolò Ammaniti, che nel suo romanzo “Che la festa cominci” ha immaginato di vedere il parco venduto a privati, per ospitare non solo passeggiate ma anche safari, con tanto di animali selvaggi e predatori.
Se pure è difficile accettare l'idea che dietro i cespugli sia in agguato un minaccioso popolo delle catacombe, o che sulle rive del laghetto si possa essere preda di una setta satanica, resta forte la percezione che Villa Ada non sia mai disposta a rivelarsi del tutto. Che cosa c'è nel folto della collina che si affaccia sulla via Olimpica? I cespugli sono fitti, e sembra quasi una scelta.
Per chi si affaccia dall'ingresso inferiore, su via di Ponte Salario, la prima impressione è quella più ingannevole: il parco è solo il giardino dei Romani, le carpe giganti del laghetto sono compagnia per papà indaffarati con barche giocattolo radiocomandate, le panchine sono fatte apposta per le chiacchierate delle mamme, i prati per dare uno sfogo ai bambini troppo tempo rinchiusi in casa. Ma questa, si capisce in fretta, è la maschera. C'è un’atmosfera di non detto, un'aria quasi misteriosa che avvolge il parco, e basta inoltrarsi sotto le querce per percepirla.
A chi ascolta i timori dell’anima, il piccolo decadente luna-park sembra l'elemento perfetto per un racconto ad alta tensione. E guardando l'acqua scura può persino venire in mente che qualcosa di inquietante ne potrebbe spuntare, un giorno o l'altro.
In realtà, a smentire ogni incubo è sufficiente il sole, la colonna sonora dei ragazzi che suonano sui prati, la voglia di festa della gente. Ma anche così, resta, inevitabile, la convinzione che Villa Ada non è tutta lì: non si denuda davanti ai visitatori, ma conserva per i più attenti sempre qualcosa da scoprire.