Mai nessun piatto fu al centro di tante e tali dispute storiografiche come la parmigiana di melanzane. A partire dal nome: parmigiana di melanzane, appunto, o melanzane alla parmigiana? La domanda non è oziosa e la questione non è di semplice forma; bensì di concetto.
A seconda di quale sia il soggetto, parmigiana oppure melanzane, c’è chi ne ricava (o tenta di ricavarne) l’origine geografica. Nel primo caso la genesi sarebbe in quel della Sicilia, dove il termine “parmiciana” indica una persiana costruita tramite stecche di legno, sovrapposte l’una all’altra.
Il linguista Fabio Ruggiano, membro dell’Accademia della Crusca, propende proprio per questa ipotesi: «Diamo uno sguardo al più autorevole dizionario ottocentesco siciliano-italiano, il Mortillaro. Alla voce “parmiciana” troviamo: foggia d’imposta per finestre e balconi nella quale la chiusura di legname è attaccata al telajo stesso della invetriata. La “parmiciana” era dunque una persiana di stecche di legno posizionate come pioli di una scala, una sopra l’altra. Questo è sembrato a molti un ottimo punto di partenza per il nome “parmigiana”: la ricetta ha assunto il nome per via metaforica dall’oggetto casalingo».
D’altro avviso è il gastronomo e cultore di lingua napoletana Raffaele Bracale. Parliamo con lui del termine “parmiciana” e di questa teoria linguistica, da cui sembra persino un po’ infastidito: «Sì, questo termine designa l’insieme dei listelli di legno sovrapposti; ma in nessun dizionario italiano questa voce appare con cambio di significato e ampliamento semantico». Secondo Bracale: «Le melanzane alla parmigiana hanno origine da quello che fu il Ducato di Parma, per poi emigrare a Napoli dati i ben noti buoni rapporti fra i regnanti Settecenteschi di queste due città». Non a caso Bracale dice “melanzane alla parmigiana” (cioè: al modo di Parma) invece di “parmigiana di melanzane”.
Le premesse, per i cultori della gastronomia napoletana, non sono certo incoraggianti. Non doveva, la parmigiana (chiamiamoli così per semplicità), essere pietanza d’origine partenopea? Dispute e contese fanno traballare ogni certezza, ma continuiamo ad andare con ordine, senza farci prendere dall’avvilimento gastronomico.
Napoli fu infatti la prima città in cui la parmigiana venne codificata e “ufficializzata” all’interno di un ricettario. Sempre nel ‘700, infatti, Vincenzo Corrado dà alle stampe il “Cuoco galante”, libro che raccoglie la sua esperienza di cuoco all’interno delle più importanti famiglie aristocratiche partenopee dell’epoca. Manco a dirlo: fu un vero best-seller stampato in oltre settemila copie. Numeri impensabili per quei tempi. Proprio in questo libro troviamo il primo “accenno” di parmigiana, che Corrado realizza però con le zucchine fritte nello strutto e poi ripassate in forno.
Fu un altro cuoco e letterato napoletano, Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, a imprimere su carta la ricetta come oggi la conosciamo nel suo “Cucina casarinola co la lengua napolitana” del 1839: melanzane tagliate a fette, poi fritte e disposte a strati, condite con formaggio, pomodoro e basilico, e infine fatte stufare.
«…e le farai friggere, e poi le disporrai in una teglia a strato a strato con il formaggio, basilico, brodo di stufato o con salsa di pomodoro; e coperte le farai stufare»Ippolito Cavalcanti
La contesa che parte dalla Sicilia, arriva a Parma e passa per la Campania è sempre aperta. E probabilmente tale rimarrà nei secoli a venire. Una cosa però è certa: se Napoli non può vantare le origini storiche del piatto, derivante da quelle melanzane che gli arabi importarono in Sicilia già nell’Alto Medioevo, può però fregiarsi del titolo di prima città ad averne fissato, una volta per tutte, la ricetta.