L’Otium di Positano

L’Otium di Positano

Immergersi nelle acque che bagnano Positano, cullati dalle onde e abbracciati da un tratto di costa unico al mondo, è un’esperienza meravigliosa.

In questa perla della costiera amalfitana però si può fare un’immersione anche nel tempo, un viaggio a ritroso fino al fatidico 79 d.C., anno dell’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei e che provocò conseguenze anche su questa parte di Costiera.

Il percorso comincia dal sagrato della chiesa di Santa Maria Assunta e dal vicino campanile, là dove nel 2018 è stato inaugurato il MAR, Museo Archeologico Romano. Scendendo fino a undici metri, si attraversano epoche diverse, circondati da architetture, decorazioni e oggetti ritrovati durante gli scavi. Due cripte poste al di sotto della chiesa e i resti di una sontuosa villa di epoca romana raccontano il passato di Positano.

È tutto così lontano dall’immagine patinata della Costiera, eppure è a pochi passi dalle stradine e dai negozi che animano la città. Non il clamore colorato, ma la quiete incontaminata ha attratto gli antichi romani quando si sono spinti fin qui alla ricerca di spazi adatti per il loro ozio.

Non solo il Golfo di Napoli ma anche la Penisola Sorrentina, infatti, ha fatto da sfondo alle sontuose dimore di svago dei patrizi romani: migliaia di metri quadri riccamente decorati, terrazze che dolcemente scendono verso il mare, triclini in cui ostentare sfarzo e intrattenere gli ospiti.

Purtroppo in Costiera restano poche testimonianze di quel glorioso passaggio ed è anche per questo motivo che lo scavo della villa romana di Positano è da non perdere.

Ne dà notizia già Karl Weber nel 1758 nelle sue relazioni sulle antichità presenti nella regione, ma bisogna aspettare il 2004 per una prima campagna di indagine archeologica volta a fare riemergere i resti della villa, che alcuni studiosi riconducono al liberto Posides Claudi Caesaris, da cui deriverebbe il nome di Positano.

Al di là delle ipotesi sul proprietario, è certo che la villa sia da collocare nel I sec. a.C, e che gli affreschi portati alla luce raccontano di un contesto ricco e ricercato. Pitture dai colori vivaci adornano le pareti del triclinio, alternate a un uso piuttosto insolito degli stucchi, utilizzati per dare un effetto tridimensionale alla decorazione.

Prima di riemergere, si passa in un ambiente altrettanto suggestivo: un’aula con degli insoliti sedili sulle pareti. Sono gli scolatoi utilizzati dai membri della Confraternita dei Morti: i confratelli defunti venivano adagiati sui sedili affinché potessero perdere tutti i liquidi corporei (scolare) prima della sepoltura (da qui l’origine della colorita espressione napoletana “puozz sculà”, non propriamente un augurio di buona salute).

Pian piano che si risale i rumori riaffiorano ed è tempo di ammirare il panorama all’ombra del campanile.

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