Stretto fra un luogo istituzionale e un punto di riferimento della massa, come in un racconto surreale, c'è l'angolo della libertà praticata.
La spiaggia di Capocotta, con i suoi 45 ettari di dune, accoglieva un tempo la Roma nascosta, quella degli appuntamenti inconfessabili, e quella degli appassionati del sole sulla pelle. Su tutta la pelle, s'intende, senza veli. Gay e nudisti hanno dato il “la” alla riscoperta di un tratto di litorale all'insegna del rifiuto delle convenzioni. Poco importa se siamo a due passi dalla tenuta di Castelporziano, residenza ufficiale del capo dello Stato, e a un passo appena dalla folla strabocchevole dell'estate di Ostia.
Se oggi le dune sono al centro delle preoccupazioni ambientaliste, fra minacce di erosione e il perenne incubo della speculazione, non per questo hanno smesso di essere un simbolo di vita alternativa. Amata da Pasolini e da Fellini, fino a cantanti come Rino Gaetano: la spiaggia è un'icona popolare affermata, ma allo stesso tempo, nei periodi giusti, un rifugio quasi tranquillo, per respirare aria di Mediterraneo appena fuori dal caos della capitale.
“Ue paisà (nun te reggae più), Il bricolage (nun te reggae più), Il quindicidiciotto, Il prosciutto cotto, Il quarantotto, Il sessantotto, Le pitrentotto, Sulla spiaggia di capocotta (Cartier Cardin Gucci)”“Nuntereggae più” di Rino Gaetano
Perché poi, alla fine, l'ambientazione dei film o l’ambiente insolito, sfondo di avventure e complice di evasioni, altro non è che il trionfo della natura, il frutto del lavoro del vento e del mare, il segno del luogo di incontro fra la schiuma e la sabbia, fra i cespugli e le onde, a ribadire che la magia è sempre dietro l'angolo, in attesa di essere scoperta.