In una zona di campagna, non lontano da una città e da vie di comunicazione importanti, si trova una necropoli, dapprima pagana e poi cristiana: siamo alla fine del secolo III d.C. e qui viene sepolto Felice, un prete amato e apprezzato dai suoi contemporanei.
È così che ha inizio la storia del complesso basilicale di Cimitile, uno dei siti più importanti per l’arte paleocristiana e medioevale in Italia. La tomba di San Felice è il fulcro di questo luogo, intorno ad essa vengono costruite basiliche e realizzate numerose tombe, anzi è forse il posto più ambito per essere sepolti. Si è convinti che questo tipo di sepoltura, accanto al corpo di un santo, detta ad sanctos, possa garantire una particolare protezione per il defunto, o almeno questa è la consolazione per coloro che restano.
Scarpisasanti, così sono soprannominati i cimitilesi, a ribadire che calpestano la terra che accoglie i resti di numerosi santi. Su tutti san Felice. La sua storia è un po’ diversa da quella dei primi cristiani: è fatta sì di persecuzioni, di sacrifici per i suoi fedeli ma non termina con una morte violenta, tant’è che viene definito martire sine sanguine.
Quello che accade dopo la sua morte è raccontato da un altro santo, Paolino, vescovo di Nola vissuto nel sec. V. Tanti, tantissimi pellegrini arrivavano sulla tomba di Felice, pregavano e ci tenevano a conservare una testimonianza di quella visita speciale: ad esempio, portavano il nardo, un olio profumato, che grazie al contatto con la tomba diventava un utilissimo medicamento. Per accogliere tutte queste persone erano necessari spazi sempre più ampi, così viene eretta un’aula, e poi una basilica, e altre ancora, tutte in qualche modo rivolte verso quella tomba, che nei secoli si arricchisce di nuove decorazioni, di un’edicola con mosaici, di transenne in marmo.
Molto di tutto questo è ancora visibile a Cimitile: ci sono affreschi di epoche distanti che convivono sulla stessa parete, mosaici con tessere dorate e di un blu intenso, colonne e pareti che si sovrappongono, gradini che nascondono sepolture. Ad un primo sguardo l’occhio quasi si perde e la mente si confonde, si ha come la necessità di mettere ordine in questa mescolanza di stili, materiali e forme. Ma fermandosi accanto alla tomba di san Felice, che dai fedeli era chiamata ara veritatis poiché al suo cospetto nessuno poteva mentire, tutto sembra essere più chiaro: la particolarità di questo luogo è data proprio dai suoi infiniti dettagli, frammenti di una bellezza che ha vinto il tempo.