Numero
09

Punica e selvaggia

Punica e selvaggia Punica e selvaggia

Immaginate le coste disegnate su un’antica carta geografica, dove i confini della terraferma col mare sono delle morbide linee non ancora corrotte dalle città. Ecco, percorrere la litoranea dell’estremo sud sardo è come seguire il tracciato di una mappa dove si celano perle non segnalate dai cartografi. Per conoscerle, bisogna andarci e cercarle!

Tra Porto Teulada e Capo Spartivento è una continua caccia al tesoro tra torri di avvistamento aragonesi e panoramiche insenature spesso raggiungibili solo a piedi. Siamo a Domus de Maria, un comune che può vantarsi di avere due tipi di mare: da un lato le famose spiagge di Chia, meta di fenicotteri rosa e appassionati di kitesurf.

Dall’altro, a 12 km di distanza, una serie di timide e incontaminate calette, tutte isolate e ben nascoste lungo la spettacolare strada della Costa del Sud, che scivola tra il mare turchese e il verde rigoglioso della macchia mediterranea. In una giornata si possono collezionare tuffi da una miriade di spiaggette. Basta parcheggiare e fare un trekking di pochi minuti per ritrovarsi in piccoli paradisi incastonati tra roccia e sabbia.

Non si disperi chi non riesce a beccare neanche uno di questi angoli caraibici. Prima o poi, tra una curva e l’altra, gli apparirà dal finestrino un’oasi tropicale. È Piscinnì, o Pixinnì come è scritto in sardo, così battezzata per l'omonima torre che domina la baia. Duecento metri di sabbia morbida e bianchissima bagnata da un’acqua cristallina, azzurra e trasparente, con fondali che digradano dolcemente verso il largo.

In alta stagione l'arenile è occupato da turisti a caccia di spiagge selvagge, mentre negli altri mesi vengono a rilassarsi mucche e capre al pascolo. Questa lingua di zucchero, infatti, separa il mare da uno stagno retrostante, solitamente a secco in estate, ricco di varietà vegetali e divenuto sito di interesse comunitario. Uno spasso per le greggi!

Eppure qui la natura è stata sfregiata, come si nota dalle forme squadrate della roccia e dalle superfici piane della scogliera. Prima i cartaginesi e poi i romani estrassero blocchi di arenaria da impiegare nella costruzione di edifici. Una cicatrice di oltre 2.500 anni, diventata ormai un vezzo da esibire per la seducente punica Piscinnì.