Quando la guardi dal mare, o dalle terrazze del Parco Virgiliano, la Baia di Trentaremi sembra un luogo esotico e lontano, distaccato da tutto. Dal caos cittadino, dalla calura estiva, dal fragore delle strade di Napoli, sempre in movimento.
La macchia mediterranea cresce così rigogliosa da invadere con prepotenza ogni angoletto di terra, fino quasi a toccare il mare. Le rocce di tufo giallo, di origine vulcanica, alte fino a 150 metri, scendono a picco sul mare creando uno spettacolo maestoso e suggestivo. Un anfiteatro naturale, anch’esso di tufo giallo, accarezzato dal sole e consumato dal sale, contrasta con il mare che è di un blu così intenso da non sembrare mare di città. Anche il nome, Trentaremi, nell'immaginario collettivo può evocare lontananza: quante bracciate servono per raggiungere questo luogo segreto che fa parte di Napoli, ma che da Napoli è così distante?
La Baia di Trentaremi ha una storia antica, custodita nelle incrinature delle rocce. Incastonata tra le falesie a ovest di Posillipo, la collina dove gli antichi si recavano per cercare riposo dal proprio dolore, oggi fa parte dell'Area Marina Protetta della Gaiola, uno scrigno di bellezza e di biodiversità che bagna Napoli e che nel 2017 ha vinto un concorso social come parco marino più bello d’Italia. E' facile trovare gruppi di turisti che partendo dai lidi della costa si avventurano in kayak fino a Trentaremi, per godere del silenzio, del mare, o per fare snorkeling, ammirando la variegata vita sottomarina che il favorevole gioco delle correnti ha contribuito a sviluppare in questa zona.
Un tempo erano i Romani a trafficare tra queste acque, ma per motivi economici. Estraevano la pozzolana e raccoglievano i blocchi di tufo giallo, che poi esportavano e vendevano altrove. E solcavano, con le loro imbarcazioni, anche le acque di Trentaremi, dove un blocco di tufo o un carico di pozzolana costava fino a trenta tareni, una delle monete dell’antica Roma. I trenta tareni col passare dei secoli sono diventati Trentaremi. Quanto fosse vitale questa terra ne abbiamo ampie testimonianze. Publio Vedio Pollione, un ricchissimo cavaliere romano che fu anche consigliere economico di Augusto, qui costruì la sua villa per godere della natura, ma soprattutto per accrescere la propria ricchezza grazie alle attività estrattive che era possibile svolgere in questa zona.
Quel che oggi resta del crocevia di traffici e interessi commerciali è un luogo incantato, soggetto al bradisismo, il movimento vulcanico tipico di tutta l'area flegrea. Un luogo dove non si estrae più la pozzolana né si esporta il tufo giallo, ma dove banchi di guarracini nuotano tra le gorgonie, i polpi e le donzelle animano i fondali sottomarini, le stelle e i pomodori di mare li colorano di tante sfumature diverse mentre i resti delle antiche cave custodiscono la storia e il passato. Un piccolissimo luogo dove rigenerarsi e vivere a contatto con la natura, lontano dalla città eppure così vicino.