Scale del Petraio
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Nella città di Napoli c’è un borgo invisibile nascosto dietro gli edifici che si inerpicano lungo la collina del Vomero. È il Petraio, una vera e propria “città obliqua” che, attraverso 503 gradini, collega l’area collinare con il Corso Vittorio Emanuele. Si tratta di un caratteristico borghetto da cui si possono ammirare scorci suggestivi lungo una discesa incanalata tra terrazzini fioriti e case antiche.
Si chiama Petraio perché qui le piogge depositavano i ciottoli: il tracciato della salita, infatti, ricalca il tracciato di uno dei tanti alvei alluvionali del Vomero. Le scale furono realizzate tra il ‘500 e il ‘600 ed erano popolate da pastori e lavandaie (la prima canzone napoletana si chiama proprio “Canto delle lavandaie del Vomero”). Solo più tardi i gradoni furono ampliati e migliorati per collegare l’allora campagna del Vomero al nuovo quartiere di Chiaia.
Tra la fine dell’800 e i primi del ‘900, il Petraio divenne un luogo abitato da famiglie benestanti che vi costruirono deliziose villette in stile Liberty che si possono notare soprattutto lungo Via Palizzi e Via Sanfelice. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’area è stata vittima di una speculazione edilizia che l’ha resa una zona con un’alta densità residenziale.
Ecco come il poeta Carlo Bernari descisse il Petraio:
“Napule è tutta rampe, scalinate, scale, gradune, grade, gradiatelle. Sagliute, scese, cupe, calate, vicule ‘e coppa, ‘e sotto, viculille, vicule store, vicule cecate (…) Napule a vide crescere Tra rampa e rampa Tanta filèr’ ‘e panne spase, una culata ‘e case”Carlo Bernari