Princeps gentis langobardorum. Cosi si autoproclamò nel 774 Arechi II, dichiarandosi di fatto l’ultimo baluardo delle genti longobarde in Italia. Quando Carlo Magno imperava in Europa, il sovrano rese Salerno una grande capitale donandole onori che nessun altro sarebbe poi riuscito a conferirle.
Oggi si può immaginare quell’età gloriosa con un percorso che si snocciola tra le stradine del centro storico fino all’altura dove svetta il Castello d’Arechi. Si tratta di un’escursione a metà fra trekking urbano e camminata in collina. Per evitare di confondere le strade di interesse, mi faccio accompagnare da Marco, una guida che conosce il territorio e mi indica i punti salienti di ciò che resta della Longobardia Minor. La prima parte del tour si concentra fra le due mura ultamillenarie che partono dal castello fino a scivolare nella città vecchia. Un’imponente fortificazione al cui interno era edificata la mastodontica reggia di Arechi, oggi ingoiata da strade ed edifici realizzati dai dominatori che si sono successi nei secoli.
Marco mi mostra le uniche tracce di quello che resta dello splendido palazzo reale, ovvero le arcate sorrette da colonne e capitelli su via della Dogana Vecchia e soprattutto il complesso di San Pietro a Corte. Eretto su preesistenti strutture romane e fatto assurgere da Arechi II a Cappella Palatina, il sito è tutt’oggi l’unica testimonianza archeologica di architettura palaziale di epoca longobarda.
La guida mi conduce verso Sant’Eremita, un rione che si inerpica dolcemente fin su la cima del nucleo antico. La salita comincia a farsi sentire con l’apparizione di gradoni che costeggiano le antiche mura orientali, ricoperte parzialmente da rampicanti e da piante di capperi che cadono a grappoli. Tutto a un tratto ci troviamo sulla Statale, che taglia di netto la città. Con un po’ di attenzione la attraversiamo e superiamo un cancello. «Siamo alle pendici del Monte Bonadies – mi spiega Marco – Dobbiamo salirlo per arrivare al castello».
Il sentiero si sviluppa in una serie di tornanti all’interno di una pineta, che costituisce un polmone verde visibile da ogni angolo di Salerno. Siamo circondati da piante di mirti e rosmarini, eppure il centro è davvero a pochi passi! L’ascesa è gradevole e lenta perché sosto a ogni curva per godermi il paesaggio. «Tra poco sarà ancora meglio», avvisa la guida.
E arrivati in vetta si apre un panorama da paura: l’occhio cade subito sul groviglio di vicoli e case che abbiamo scalato, a sinistra si scorgono la Valle dell’Irno e più in lontananza Punta Licosa, mentre a destra spuntano dal mare gli scogli dei “Due Fratelli” che indicano l’inizio della Costiera Amalfitana per poi spostare lo sguardo sul Monte San Liberatore, il Monte Avvocata e la celebre Bastiglia. Dalla terrazza del maniero, la veduta è ancora più ampia e solo da qui comprendo davvero perché Arechi scelse Salerno come sua residenza.
Riscendiamo lungo la pineta ed imbocchiamo una stradina che sfiora il Giardino della Minerva, primo orto botanico d’Europa, per poi entrare a Fornelle, un rione riqualificato che svecchia con murales ed opere di street art una delle più remote zone di Salerno. Un’antica contrada che risale proprio alla fulgida età dei Longobardi.