Quando si percorre la statale della Costiera Amalfitana si attraversa un paese “invisibile”, tagliato in due dalla strada. Solo i cartelli di benvenuto delimitano lo spazio da Praiano a Conca dei Marini. Da un lato ci sono le case disseminate lungo il costone che dal mare si inerpica sui Monti Lattari, dall’altro c’è una marina 30 metri al di sotto della strada.
La statale attraversa un pittoresco ponte affacciato su una insenatura incantevole, nel bel mezzo di un vallone che squarcia il crinale della Costiera. È il Fiordo di Furore, una delle attrazioni naturalistiche più suggestive d’Italia. Una massiccia spaccatura della costa rocciosa che si insinua verso l’interno creando uno scenario che ricorda i paesaggi scandinavi. Ma qui i colori sono più saturi e il vento trascina con sé le fragranze della macchia mediterranea.
L’insenatura è stata scavata dal lavoro incessante dello Schiato, un torrente che scivola dall’altopiano di Agerola fino a tuffarsi in mare. Un lavoro notevole che ha portato alla conformazione di un porto naturale inattaccabile durante le incursioni saracene. Si tratta, infatti, di un territorio estremo e inaccessibile. Eppure, come la vegetazione si aggrappa faticosamente sulle fenditure delle pareti rocciose, così l’opera dell’uomo si è adattata miracolosamente all’asperità del luogo e alla sua natura impervia. La presenza di un mulino e una cartiera testimoniano la fiorente attività che si svolgeva un tempo all’interno del fiordo.
Il fiordo nasconde una timida spiaggetta incastrata lungo la vertiginosa muraglia amalfitana. È uno sfogo di appena 25 metri accarezzato da un mare cristallino. Vi si accede percorrendo una ripida scalinata che parte dal ponte. Scendendo, l’attenzione cade su un grappolo di case di pescatori che costituisce il villaggio dei “monazzeni” (depositi di attrezzi). Tra questi vi è Villa della Storta, un’abitazione acquistata nel 1947 dall’attrice Anna Magnani che la scelse come alcova per la sua burrascosa storia d’amore col regista Roberto Rossellini. Oggi è un museo permanente dedicato alla diva.
Lo spirito del mare, batte le nacchere, per amori greci e saraceni entro giardini di soccorso. Racconterà il Fiume, pianto a dirupo, della rosa e della menta, dell’ortica guardiana sotto l’olivo ed il carrubo.Giuseppe Antonello Leone
D’estate la battigia è presa d’assalto dai bagnanti. Qui tutti gli anni si tiene il Marmeeting, una gara internazionale di tuffi effettuati alla massima altezza di 28 metri dal mare. Nelle altre stagioni la spiaggia è una pagina strappata da un libro di favole. Una mezzaluna precipitata sul mare e difesa dal granitico costone contro il quale le onde si frantumano furiose. Una scena quotidiana da cui trae origine l’antico nome “Terra Furoris”, oggi Furore.
Secondo altri, invece, a battezzarla sarebbe stato il Diavolo in persona! Si racconta che il Demonio venne a Furore, ma il suo fu un soggiorno breve poiché gli abitanti lo scacciarono in malo modo. Allora, il signore delle tenebre decise di vendicarsi lasciando un suo “ricordino” all’uscita del paese. Per sbaglio, però, si pulì con la più aggressiva delle ortiche che gli provocò bruciori ed irrefrenabili pruriti. «Furore feroce! Mal’acqua, mala gente, pure ll’evere è malamente!», avrebbe urlato il Diavolo, lasciando col suo zoccolo caprino un segno indelebile sulla roccia. Neanche il Demonio è riuscito a mettere le mani su tanta bellezza.