Non fatevi ingannare: l’aspetto quasi sonnacchioso è una finzione. Il parco del Pineto non è solo un giardino urbano per le famiglie in visita ai parenti ricoverati al Policlinico Gemelli o all’ospedale Cristo Re.
Non è un polmone verde scampato alla speculazione solo per ospitare i cinofili del quartiere, affannati a trattenere bracchetti e volpini in vena di festeggiamenti troppo energici. E non è nemmeno, come potrebbe sembrare a un'occhiata rapida nel momento sbagliato, il rifugio delle coppiette più giovani impegnate a guardarsi negli occhi, al riparo degli olivi più frondosi o magari sui sedili scheggiati delle poche panchine, in attesa di manutenzione.
Il Pineto è tutto questo, ma solo per la tolleranza dei veri padroni: i ciclisti. Più che di un parco, in certi angoli sembra una pista amatoriale di ciclocross, con giovanotti in preda all'adrenalina e ragazzine vestite in tute sgargianti.
Sentieri impegnativi, con salti e curve secche, ma anche percorsi tranquilli, con i papà del nuovo millennio che esercitano la pazienza accanto ai cuccioli dotati di bici con rotelle di sicurezza. Rettilinei sereni, sufficienti a rimettere il sangue in circolo, ma anche pendii scoscesi, a permettere tuffi furibondi tra i cespugli di rovo per ottenere polpacci di bronzo, e pazienza se il prezzo da pagare, almeno una volta, è un ginocchio sbucciato sulla ghiaia.
Ma c'è ed è palese una cifra generale di civiltà e rispetto, forse persino inconsueti per un parco romano. Lo indica l’inevitabile casco, che testimonia assieme l'ansia delle mamme e le voglie competitive degli adolescenti. Lo indica allo stesso modo la serie di cartelli illustrativi, che richiamano alla tutela del bene pubblico e invitano al coinvolgimento nella difesa del Pineto.
Sembra suggerirlo persino il tono pacato delle conversazioni. Quasi un modo di ricordare che l'energia propria può andare a fianco della compagnia altrui, soprattutto quando l’aria da respirare a polmoni aperti è pulita e lo sfondo è verde.