Il Monte San Costanzo è una bussola. Quella chiesetta bianca sulla cima della montagna è infatti la compagnia più familiare per i viaggiatori della Penisola Sorrentina, via terra o via mare.
Dall’alto dei suoi 496 metri, la cima di San Costanzo è la più alta di questo pezzo di costiera e veglia su tutte le gemme del Parco Marino di Punta Campanella: dalle sfumature azzurre della Baia di Ieranto, nelle quali San Costanzo si specchia, alla bellezza superba e riservata de Li Galli, che San Costanzo osserva a distanza, proiettati come sono verso il Golfo di Salerno.
Il suo aspetto roccioso ricorda la testa di un anziano signore canuto, per questo anticamente la gente del posto lo chiamava Monte Canutario. Ma un tempo i nomi non erano scelti a caso: San Costanzo infatti è come un vecchio zio saggio da cui si va per chiedere consigli, un luogo dove rifugiarsi per ritrovare un po’ di pace interiore e fare il pieno di bellezza. O per capire che tempo ci sarà, per esempio: se da qui vedi il cappello su Capri, cioè una nuvola, vuol dire che domani pioverà, dicono i contadini della zona.
Nel 1560 alcune famiglie del posto fondarono sulla cima di questo vecchio monte la chiesetta bianca che oggi caratterizza in modo inconfondibile il paesaggio della Penisola e che dal XV secolo in poi gli ha dato il nome. La dedicarono a San Costanzo, un vescovo del VII secolo e patrono dell’isola di Capri, evangelizzatore di molte regioni dell’Italia meridionale.
Oggi San Costanzo protegge l’isola azzurra guardandola negli occhi e accarezzandola con una mano: da qui infatti i Faraglioni sembrano così vicini, apparentemente raggiungibili con poche bracciate.
Ogni 14 maggio i fedeli partono dalla Chiesa di Termini, a valle del monte, e raggiungono la cima portando la statua di San Costanzo sulle spalle, per poi riportarla giù a luglio. E questa festa liturgica ormai è una delle poche occasioni durante le quali la chiesetta è aperta e visitabile.
La salita dalla piazzetta di Termini è impegnativa: gradoni di roccia calcarea e sentieri che si snodano tra la macchia mediterranea spontanea e il profumo del finocchietto selvatico, da cui si ricava un gustosissimo liquore tipico della zona, mentre alle spalle si saluta il Vesuvio, i paesini della costiera, persino Ischia, quando il tempo è nitido.
Qualche storico dell’antichità ha collegato la storia stessa di San Costanzo al mito delle Sirene. Bruno d’Agostino, come riporta il bellissimo libro di Felice Senatore e Gaspare Adinolfi “L’incanto delle Sirene”, rifacendosi a Strabone si chiedeva addirittura se il tempio delle Sirene non fosse collocato proprio sulla cima di San Costanzo, il cui nome poteva essere Mons Sirenianus.
Non ci sono prove che legittimano questa teoria che però ha qualcosa di suggestivo: il Monte San Costanzo gode di una posizione privilegiata e talmente unica, che viene quasi spontaneo associarlo al mito delle Sirene, che ha permeato di fascino le tradizioni di questa terra.
Giunti sulla cima di San Costanzo gli escursionisti potranno decidere se tornare a Termini o continuare la scalata della montagna fino a Punta Campanella sull’antica via Minerva, altro luogo di rara bellezza e di ricordi mitologici.