Una passeggiata nel rosa

Una passeggiata nel rosa

Per essere una linea abituata a zigzagare a piacimento, sorprende che la costa sarda alla sinistra del Monte Urcatu, il “monte diviso”, sia quasi dritta.

Da lontano lo sguardo riconosce la spiaggia grande di Berchida, il suo rio, ma il resto dell’isola si nasconde dietro i piccoli monti di Capo Comino, gobba della Sardegna. A destra, il mare ha preso più spazio e dietro alla spiaggia di Sas Linnas Siccas non si riesce a vedere neanche il curvone del Golfo di Orosei, con il suo traffico di battelli e gommoni, tra grotte e spiagge da agenzia di viaggi. Confinata tra le rocce gialle e gli stagni, invece, l’Oasi di Biderosa è più riservata, non ama i visitatori. Bisogna cercarla per vederla e corteggiarla a lungo, prima di raggiungerla.

L’ingresso è regolamentato, i confini del parco sono segnati dalla strada statale, dai monti e dal mare. Le sue cinque piccole spiagge sono lontane dall’accesso principale. Biderosa bisogna lavorarsela un pochino, a forza di passi e di sudore, soprattutto quando le temperature salgono. La costa è magnifica dall’alto del Monte Urcatu ma non ci sono scale mobili: bisogna salire piano piano sulla roccia, con scarpe comode e antiscivolo, tra le acacie e i cisti per arrivare più in alto dei pini e guardare, finalmente, i colori.

Il granito del “bidu”, il guado, non sembra così rosa come il nome dell’oasi suggerirebbe, eppure di rosa è pieno. Basta buttare l’occhio dietro la corteccia vecchia dell’eucalipto, sulle ali delle farfalle, sulle zampe dei cavalieri d’italia, sulle piume dei fenicotteri che si fanno trovare nei due stagni dell’oasi: Sa Curcurica (gallinella d’acqua) e quello di Biderosa. Come suggerisce il nome, di sa curcurica lo stagno è pieno, ma non mancano anche aironi, cormorani, martin pescatori e raganelle sarde. D’altronde che gli stagni della Sardegna siano un bene da proteggere per la biodiversità che presentano, se n’è accorta anche la comunità internazionale che ha stipulato la convenzione Ramsar.

E poi il mare. A Biderosa cammini, sali, scendi, ma poi trovi il mare. Ed è di un colore blu che sfuma gradatamente verso il turchese luminoso e poi diventa verde brillante perché riflette i ginepri e l’intensità della pineta mossa dal vento a cinquanta metri dal bagnasciuga. La sabbia è fina e bianca: una lunga immaginaria camminata fino a Berchida, oppure, per i più coraggiosi, fino a Cala Ginepro. Solo lo stagno interrompe i passi e l’infinita distesa di bianco. Nell’acqua tra gli scogli di nuovo il rosa: è nelle strisce della donzella pavonina, nelle pinne degli sciarrani e nei riflessi dei banchi di salpe.

L’ultimo rosa prima di andare via è quello più bello. Il sole che tramonta dietro il monte, colorando le nuvole e l’aria.

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